LE TRE SORELLE: la Cina di Bi Feiyu

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Tre sorelle di Bi Feiyu (Titolo originale: Yumi, Yuxiu, Yuyang – traduzione di Maria Gottardo e Monica Morzenti) è un libro che sorprende. Innanzitutto, per la conoscenza della psiche femminile: si direbbe scritto da una donna. Invece, l’autore è un cinquantenne, cinese del Jiangsu (nato nel 1964), noto anche come sceneggiatore, oltre che scrittore. Suo il romanzo che ha ispirato il film La triade di Shanghai di Zhang Yimou, presentato al Festival di Cannes nel 1995).

Diviso in tre parti – ciascuna dedicata a una di tre delle sette sorelle della famiglia Wang, che l’autore ci presenta all’inizio – il libro si snoda nell’arco di un ventennio. La prima sezione, dedicata alla primogenita Yumi, ci conduce nel villaggio dei Wang, un paesino di campagna dove spadroneggia il segretario del partito, Wang Lianfang, che in virtù del suo potere vanta numerose amanti. Mente le donne del paese fanno la coda per andare a letto con lui, la moglie Shi Guifang continua a sfornare femmine (l’agognato maschio sarà l’ottava creatura della famiglia) e a sentirsi depressa, mentre Yumi tiene le redini della famiglia e bada anche al suo buon nome. Ma quando Lianfang cade in disgrazia, crolla anche il sogno della ragazza di un matrimonio prestigioso. Yumi non si perde d’animo, e accetta di diventare moglie di un vedovo che potrebbe essere suo padre, ma che è impiegato della Comune, nonché vice direttore del Comitato rivoluzionario, e vive in una realtà urbana più importante.

Nella seconda parte, Bi Feiyu racconta il legame tormentato fra Yumi e la sorella Yuxie, la bella di famiglia e la preferita del padre, che le ha sempre tenuto testa. Le moine e la malizia di Yuxie fanno pensare che sia posseduta da uno spirito volpe. Cacciatasi nei guai, è costretta ad andarsene dal villaggio e a trovare rifugio presso la sorella, dove si scatena una lotta intestina fra le due donne, con un esito imprevedibile…

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Bi Feiyu. Foto di Thomas Langdon (fonte http://www.manasianliteraryprize.org/)

Nella terza parte, Bi Feiyu ci conduce nel decennio successivo, gli anni Ottanta, dove la Rivoluzione Culturale è ormai storia superata, ma la guida del Partito resta ancora capillare nella società cinese. La protagonista di questa sezione è la piccola Yuyang, l’ultima femmina prima del viziato Ottavo, tenuta in scarsa considerazione in famiglia. La ragazza, che non eccelle né per bellezza né per intelligenza, riesce a entrare in un istituto superiore di Pechino, dove si trasferisce per seguire le lezioni. Quest’ultima parte del romanzo è un vero e proprio percorso iniziatico di un’adolescente mediocre, che include le rivalità con le compagne, i primi batticuore repressi e controllati dal sistema, le pecche della scuola cinese, inclusi i cedimenti sessuali dei professori nei confronti delle allieve.

Come dicevo all’inizio, mi ha sorpreso la bravura di Bi Feiyu nell’indagare fra le pieghe dell’animo femminile, la sua capacità di cogliere gelosie, vanità e voglia di riscatto. Non a caso, con questo romanzo Bi Feiyu nel 2010 ha vinto il Man Asian Literary Prize. Unica pecca, a essere proprio pignoli, a mio giudizio è la l’assenza di un legame fra le prime due parti e la terza, che potrebbe vivere quasi da sola, come racconto autonomo. Quando la vicenda di Yumi e Yuxie si chiude alla fine della seconda parte, il lettore si aspetta di trovare qualche riferimento alle loro sorti nella terza parte, ma l’autore non lo concede.

Fra i plus di questo libro, che sa catturare, una scrittura graffiante e ironica, ricca di metafore gustose e di riferimenti alla saggezza popolare cinese. L’affresco del ventennio, sintetizzato in tre storie femminili, è nel complesso il ritratto di una società che, al di là degli slogan maoisti sulla parità, è maschilista fino al midollo. Un mondo in cui nascere femmina significava una condanna a un ruolo subordinato e sottomesso. Solo all’ombra di un uomo – un padre potente, un marito influente – una giovane donna poteva trovare un suo spazio vitale e un possibile prestigio sociale.

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