NORTH FACE: coraggio e follia alla conquista dell’Eiger

Presentato nel 2008 al Festival di Locarno, con il consueto ritardo è uscito  – e già questo è una fortuna! – anche nelle sale italiane  “North Face “, l’ottimo film del regista e sceneggiatore bavarese Philipp Stölzl sulla tragica impresa alpinistica di Andreas (Andi) Hinterstoisser e Toni Kurz alla conquista dell’inespugnabile parete nord dell’Eiger.

Sicuramente circolerà in poche sale. E sicuramente finirà per attrarre un pubblico limitato, fatto di amanti della montagna e di appassionati di film storici. Eppure, si meriterebbe di più, perché è confezionato bene, ha un ottimo ritmo ed è regge benissimo per quasi due ore.

La storia: è quella vera di due alpinisti tedeschi, arruolati forzatamente nell’esercito nazista, ma innamorati solo della montagna. E’ il 1936, l’anno delle Olimpiadi a Berlino. La macchina mediatica nazista è alla ricerca di giovani eroi ariani e i due ragazzi sono spinti a tentare l’impresa. Zaino in spalla, da Berchtesgaden vanno in Svizzera in bicicletta e si accampano ai piedi dell’Eiger… Turisti e giornalisti seguono nei lussuosi alberghi del villaggio di Kleine Scheidegg il tentativo di Toni Kurz e Andi Hinterstoisser di raggiungere la vetta aprendo un nuovo percorso sulla parete nord. Ma la loro impresa, come si intuisce fin dalla prima scena del film, è destinata a finire male…

Perché vederlo?

1- Per l’interessante ricostruzione storica di un capitolo della storia dell’alpinismo. Toni e Andi salgono spinti da coraggio, spirito di sfida e ossessione, costruendosi i chiodi da soli, con corde fragili alle intemperie (per il nylon, c’era ancora da aspettare!) e con  un abbigliamento quasi da scampagnata. La loro resistenza è stata eroica, considerata l’attrezzatura a disposizione.

2- Per il dilemma etico che pone. Come ne “La morte sospesa” di Kevin McDonald, la montagna a volte pone degli ultimatum crudeli: salvare l’altro può significare mettere a rischio serissimo la propria vita. Kurz e Hinterstoisser forse ce l’avrebbero fatta ad arrivare alla cima e a scendere dal versante più facile, ma la scelta di aiutare i due colleghi austriaci, probabilmente, divenne la loro condanna a morte. Come tutti gli appassionati di imprese estreme, erano folli e ossessionati dall’obiettivo. Ma il loro eroismo, secondo il film, è anche nella scelta morale che fanno.

3- La suspence: fino all’ultimo, resta aperto uno spiraglio di salvezza. Il film di Philipp Stölzl emoziona e commuove.

Quella maledetta parete nord dell’Eiger fu conquistata due anni dopo da quattro austro-tedeschi, fra i quali c’era anche Heinrich Harrer, lo scalatore che il regime nazista mandò poi in Himalaya a caccia di prove dell’arianità dei tibetani.

Dopo aver visto il film, mi è venuta voglia di vedere i veri protagonisti di questa tragica vicenda. Eccoli. A sinistra, Kurz (1913-1936) e a destra, Hinterstoisser (1914-1936).

8 Replies to “NORTH FACE: coraggio e follia alla conquista dell’Eiger”

  1. Ciao, ho letto la tua recensione del film che ho visto solo ieri sera.
    in effetti il film è “bello” nel senso che le due ore passano con la giusta tensione e il giusto ritmo, quello che però non mi ha assolutamente convinto sono le licenze storiche che il film si prende.
    Sono un alpinista e appassionato anche di storia dell’alpinismo, la Nord dell’Eiger l’ho personalmente affrontata e vinta 2 volte quindi sono ben al corrente di come si sono svolti i fatti.
    tutte le fasi del principali incidente sulla montagna sono sbagliate, Hintertoisser non muore come si vede nel film, se poi si somma la figura della fotografa inventata di sana pianta, il risultato diventa un po troppo scricchiolante….
    Peccato una bella occasione buttata al vento

  2. Grazie Stefano per il tuo commento. E’ vero, i film e le biografie romanzate a volte si prendono delle licenze, per catturare il pubblico. Licenze che possono anche essere eccessive, rispetto alla realtà dei fatti. Sono certa che hai ragione, visto che sei alpinista e appassionato dell’argomento. Il merito che si può riconoscere al film è di accendere i riflettori su due personaggi che altrimenti sarebbero noti solo agli appassionati, e comunque farci rivivere l’atmosfera dell’epoca e l’entusiasmo che circondava l’impresa (con le sue motivazioni, anche politiche).

  3. Se tu sei una nomade sul sofà io una volta mi definii “alpinista da salotto”. Ho una passione per la montagna e ho scoperto l’alpinismo troppo tardi per praticarlo. Quindi ho riversato tutto la mia passione sui libri di alpinismo, una splendida collezione che se ne sta arrampicata su di un soppalco della casa.
    Sull’Eiger ho letto tutto quello che è stato pubblicato in italiano e qualcosa in francese, tedesco e inglese. Tu hai dovuto cercare le foto dei protagonisti dopo aver visto il film. Io dopo essermi letto tutto il leggibile me ne sono andato dieci giorni a Grindenwald per calpestare i luoghi dei libri 🙂

    ti seguirò

  4. Anch’io anch’io ho visto il film, bello, le immagini della parete sono spaventose. Sulla ricostruzione storica non posso fare commenti, su come vengono citati Sandri e Menti si! C’è una battuta nel film dei due protagonisti tedeschi che commentano le attrezzature degli avversari: ” gli italiani senza chiodi da ghiaccio…….” vengono trattati da incompetenti quando invece sono stati dei grandi alpinisti e non credo andassero in montagna senza curare l’attrezzatura.

    Così per precisare in onore dei grandi
    Sandri e Menti

    Maurizio

  5. In effetti le “licenze” che il film si prende sono parecchie, a cominciare dal balcone con ringhiera che si apre sulla parete Nord…
    Riconosco però al film il merito di aver portato alla luce la storia di Kurz e dei suoi sfortunati compagni.
    Per chi volesse avere un’idea più realistica di quanto successo, suggerisco:
    The Beckoning Silence – Joe Simpson

  6. unbelievably brave men and very tragic – legendary figures and an inspiration

  7. Molto bello, stupendo. Ho letto i riferimenti su wikipedia e appaiono abbastanza simili a quelli narrati nel film. Quindi se le obiezioni lette da alcuni interventi sono vere, anche i fatti riportati nel sito enciclopedico debbono essere alterati (oppure no). Il film è meraviglioso e sinceramente anche inquietante per i pericoli evidenziati nel salire quella parete che a mio avviso in quei tempi con quegli arnesi risultava ulteriormente rischiosa. Molto probabilmente, premessa l’assenza di testimoni presenti, se non gli spettatori muniti di cannocchiali, i fatti sono verosimili, e i due tedeschi a causa del malessere di un rocciatore austriaco furono ostacolati nella scelta, della reale possibilità di raggiungere la vetta. Anche la figura femminile è realmente esistita… Sicuramente licenze cinematografiche sono presenti tuttavia è uno dei film più belli a cui ho assistito negli ultimi 20 anni senza emozioni artefatte ma di sano puro realismo che affronta le asperità della vita cosci che è la sola che resti e a cui aggrapparsi con le ultime forze.

  8. Io ne sono stata molto colpita, girando su raimovie per un semplice caso. Ricostruzione d’ambiente concreta e d’epoca in modo che può persino ferire per oggettività curata, mai
    di facile effetto, con retorica alpinistica ( e nazi…) che spicca subito come fuori tono per gli alpinisti ‘veri’, destinati ad un calvario neanche tanto simbolico (anzi, un po’ lunghe le sequenze sulle malattie, etc.). Sono molto grata per le informazioni sui retroscena – perché non sono certo cospicue le fonti e il film stesso poteva ricevere un’accoglienza migliore. Pienamente da prima serata. Messaggio latente: da un punto di vista femminile, che dire di queste scelte? Fidatevi dei chiodi Krupp e non delle promesse
    dei politici onnipotenti. L’equilibrio ideologico del film è il vero problema: qual è il contributo tedesco in un punto d’arrivo limite di questa cultura alla storia dell’alpinismo? Chiodi a parte, la condivisione pre-europea di spazi che ora vediamo come svizzeri, e che furono anche internazionali.

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