Requiem per la GRECIA, culla della democrazia

Come migliaia di altri miei connazionali nati lontano dal patrio suolo, anch’io ho avuto un padre che, appena sono stata in grado di afferrare vagamente il concetto di identità nazionale, mi ha orgogliosamente parlato di Socrate, di Aristotele e della nascita della democrazia. Made in Greece: qualcosa di cui andare fieri. Meno male, qualcos’altro oltre alle preghiere ortodosse che mi insegnava mia madre – che capivo poco, per via del greco liturgico – e oltre ai souvlakia, al bouzouki e a quei kafenia pieni di sfaccendati che da piccola formica lombarda trovavo irritanti (imprinting comasco: come la papera di Lorenz ho aperto gli occhi e ho visto gente che “g’ha da lavurà”).

All’epoca, evidentemente, non avevo colto – con buona pace dei kafenia e dei loro frequentatori – la democrazia è dialogo, è fatta di persone che si fermano a pensare, discutono, si confrontano. Meno male il mite clima mediterraneo e forse anche qualche buon bicchiere di vino hanno stimolato la nascita della filosofia e della politica nell’Atene che fu.

Nell’Atene di circa 2300 anni dopo, la democrazia è come un acrobata in bilico su un filo teso fra due grattacieli, in un’arena politica caotica.

L’argomento del giorno è un dibattito televisivo della scorsa settimana sul canale Antenna, che ha visto intorno a un tavolo Ilias Kasidiaris, giovane esponente dei neonazisti di Alba d’Oro, e due esponenti politiche, Rena Dourou di Syriza e la comunista Liana Kanelli. Quello che doveva essere un confronto di idee, magari anche dai toni accesi e aspri, è degenerato quando Kasidiaris ha perso le staffe e ha lanciato un bicchiere d’acqua contro la Dourou, poi ha aggredito e malmenato la Kanelli (nel fotogramma). Il tutto davanti al conduttore disperato che tentava di separarli gridando “no, no”.

Come ovvio, la scena è finita sulla tv nazionale e sul web ed è stata ripetuta all’infinito, acquistando in Grecia una notorietà comparabile alla famosa telefonata di Schettino (che tutti sappiamo recitare a memoria). Sabato scorso, quando sono andata da mia zia ottantenne, la prima cosa ha fatto è stata sintonizzare il televisore sulla Ert, dicendomi “questa la devi assolutamente vedere!”. Dovevo sapere, dovevo essere informata. Grazie, zia.

E l’ho vista, perché in uno dei tanti tg e spazi informativi l’hanno ripetuta per l’ennesima volta. Mi ha colto un enorme senso di tristezza. Nella terra che fu la culla dell’idea di democrazia, che ha determinato le sorti della civiltà occidentale, oltre agli insulti verbali si passa anche alle mani in diretta televisiva. Un ventenne muscoloso e palestrato contro due donne. L’immagine mi evoca sinistramente altre immagini di violenza.

“Vigiliate, perché il male è sempre in agguato”, si diceva agli incontri quaresimali 2010 al Pime, che ho seguito. Il male non si scatena all’improvviso, è il risultato di una catena di segnali, di parole, di gesti… Forse è il caso che in questa Grecia – culla della democrazia ormai diventata terra di disperati – chi ha ancora la forza di farlo, rifletta. Prima che sia troppo tardi.

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