WORLD HIJAB DAY: un segnale di solidarietà

Venerdì scorso, 1 febbraio, è stato lanciato il World Hijab Day. Una simpatica iniziativa di solidarietà alle donne musulmane che desiderano indossare l’hijab, che invita le non musulmane per un giorno a fare l’esperienza di indossare il velo che copre collo e capelli e lascia libero il viso.

L’idea è carina. Perché non provare? Mettersi nei panni dell’altro – in questo caso, letteralmente! – è sempre una buona strategia per non giudicare, discriminare, coltivare pregiudizi. Come recita il motto dei promotori, Better awareness. Greater understanding. Peaceful world.

L’aspetto che mi intriga di questa iniziativa è che è tutta femminile, e ha portato a simpatici e amichevoli scambi di affettuosità fra amiche di religione diversa, addirittura fra parenti. Qualche testimonianza, con tanto di foto, la trovate sulla pagina di Facebook dedicata al World Hijab Day.

In uno dei miei viaggi medio orientali: Il Cairo, 2002.

Venerdì scorso ero troppo sommersa di lavoro per poter prendere parte al World Hijab Day, ma ho gradito l’iniziativa. Non avrei avuto problemi a indossare un hijab: l’ho già fatto svariate volte durante i miei viaggi nei Paesi del Medio Oriente, per proteggermi la testa dal sole (è un’alternativa al cappello!) e in molti casi anche come segno di rispetto della cultura locale. Ci tengo a sottolineare che non mi è mai stato richiesto, neppure in luoghi dove il velo femminile è di osservanza più ferrea, come lo Yemen. Come straniera, sono sempre stata libera di scegliere e l’ho fatto nel rispetto della cultura locale. Se in un luogo le donne girano con il velo integrale, o quasi, ho imparato che non è opportuno girare in canotta e minigonna, anche se ci sono 35 gradi. Gli uomini con i quali sono venuta a contatto hanno sempre apprezzato questa attenzione non richiesta: una gentilezza nei confronti della loro cultura, che non turba il mio sistema di valori. Allo stesso modo, mi sono tenuta in disparte in alcuni templi buddhisti in quanto donna da alcune aree riservate agli uomini, quando mi è stato chiesto.

Però non posso non concordare con il sito Jezebel quando, a commento del World Hijab Day, cita un brano tratto da Tumblr (che non sono riuscita a recuperare) dove una partecipante alla giornata decanta l’hijab come strumento di protezione dagli sguardi maschili. Ecco il brano in questione:

Two little girls playing in the sun
one wore a scarf, the other wore none.
“Why do you wear a scarf?” asked the one without,
the other little girl said without a doubt
“Allah loves me to cover my hair
so that little boys won’t stand and stare,
when I grow up what I really want to be
is a well dressed Muslim lady like my pretty Mummy.”
Happy Hijab Day

È vero, l’ho sperimentato anch’io: indossare l’ hijab attenua – a volte elimina – il problema degli sguardi maschili insistenti. È come se dichiarassi: “Io sono una buona musulmana, lasciatemi in pace e rispettatemi”.

Però non si può continuare in eterno a deresponsabilizzare i maschi musulmani delle loro azioni. Le donne non sono prede: dovrebbe passare questo concetto nell’educazione dei ragazzi.  E dovrebbe anche passare l’idea che libertà è anche scegliere di non indossare l’hijab, senza per questo non poter essere una brava persona.

Non bisogna caricare esclusivamente le ragazze della responsabilità di coprirsi, per non creare un problema ai maschi che guardano. Che i ragazzi imparino il rispetto, sempre e comunque. L’esasperazione dell’idea citata da Jezebel porta al burqa o al velo integrale non scelto, ma imposto. Non posso che essere d’accordo con lo scrittore Tahar Ben Jalloun, quando dice che il velo integrale è un problema degli uomini e “rivela in che misura l’uomo abbia paura della donna“, se deve arrivare a nasconderla completamente dai suoi occhi per “neutralizzarla”.

Alle promotrici del World Hijab Day come momento di condivisione multiculturale e di educazione alla pace, comunque, tutta la mia solidarietà e simpatia. E i miei complimenti a tutte quelle ragazze che, nella loro scelta religiosa – che rispetto – sanno trasformare l’hijab in un accessorio moda, scegliendo tessuti originali e innovativi.

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