GENERAZIONE PERDUTA di Vera Brittain

Generazione perduta di Vera Brittain (Giunti, 2015), con le sue 636 pagine – uno spessore non trascurabile – era uno dei libri che mi aspettava da tempo. Riposto nella pigna dei volumi “vorrei tanto leggere ma ancora non ci sono riuscita”.

Il mese scorso, ho accettato la sfida di addentrarmi in questa monumentale opera autobiografica di Vera Brittain ((1893-1970), scrittrice e giornalista inglese, fra le prime donne entrate a Oxford in un’era in cui gli studi universitari erano una prerogativa maschile.

Mi incuriosiva il suo racconto della Prima Guerra Mondiale, che la vide attiva come Vad, infermiera volontaria, sul fronte in Francia, in Inghilterra e a Malta. All’epoca, era l’unico modo che un giovane donna poteva avere per partecipare allo sforzo bellico nazionale. Dopo tanti diari di guerra dei soldati, volevo leggere l’esperienza di una ragazza.

Da Generazione Perduta è stato tratto un film, con Alicia Vikander che interpreta Vera (l’attrice e Kit Harington, nella parte di Roland, l’innamorato di Vera, campeggiano sulla copertina del libro). Nella foto qui sopra, invece, l’autentica Vera Brittain, con la divisa da infermiera.

C’è una cesura nel libro, un prima e un dopo.

Il prima è il periodo antecedente allo scoppio della guerra, i rapporti d’amicizia fra Vera, suo fratello minore di due anni, Edward, al quale è legatissima, e i suoi amici. Con uno di loro, Roland, appassionato di letteratura e di poesia come lei, scocca la scintilla, molto pudica e platonica, come si usava all’epoca. È una vita spensierata da giovani di buona famiglia, imbevuti di ideali patriottici, che scelgono di arruolarsi con l’innocenza e l’entusiasmo dell’adolescenza. Il dopo è la carneficina, le trincee, la morte inutile di Roland, il sacrificio di Edward… A tutti loro sopravvive solo Vera, che sarà profondamente cambiata dopo le prove che l’aspettano, la disciplina militare e vessatoria dell’ospedale, ma soprattutto il contatto quotidiano con la morte. Vera non perde solo l’amore in guerra: il suo memoir racconta la perdita irreparabile dell’innocenza, dell’entusiasmo, della giovinezza di un’intera generazione.

Da sinistra, Edward Brittain, fratello di Vera, aspirante musicista; Roland Leighton, l’innamorato di Vera; Victor Richardson, amico di entrambi.

All’inizio, la narrazione appare un po’ melensa e lenta, troppo ricca di dettagli irrilevanti, ma procedendo nella lettura si intuisce è una scelta precisa. Serve a cogliere appieno il contrasto fra la vita adolescenziale spensierata, che a volte scorre fin troppo lenta e noiosa, soprattutto in provincia, e l’immane tragedia che attende gli ignari ragazzi, assetati di gloria e di avventura. In Generazione Perduta, Brittain descrive molto bene il clima che si respirava in quei quattro lunghi anni di guerra: la sensazione di essere in trappola per sempre, perché il conflitto sembrava non finire mai. E il tempo passava, portandosi via ogni giorno il suo tributo di giovani vite.

Il resoconto di Vera fa entrare il lettore fra il fango delle trincee e fa risuonare le urla dei feriti con gli arti amputati. E suscita, di nuovo, l’eterna domanda: com’è possibile che dopo questa immane tragedia che fu la Prima Guerra Mondiale, vent’anni dopo l’Europa sia caduta nella trappola di un nuovo e sanguinoso conflitto? La Storia non insegna proprio nulla? Mentre Vera Brittain pubblica nel 1933 per la prima volta queste sue memorie, e descrive i soldati tedeschi – l’odiato nemico – come vittime tanto quanto gli inglesi, un certo Adolf Hitler è diventato cancelliere… Ed è pronto a scatenare di nuovo l’inferno.

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