COME PIETRA PAZIENTE: le donne afghane di Atiq Rahimi

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Esce domani nelle sal italiane il film Syngué Sabour, tradotto in italiano con il titolo Come Pietra Paziente, diretto da Atiq Rahimi e tratto dall’omonimo romanzo da lui scritto, che nel 2008 gli ha fatto vincere il prestigioso premio Goncourt. Era il suo primo libro in francese (ne aveva già pubblicati altri, in persiano). Non era così scontato riuscire a fare un buon film da un buon libro, considerato lo scorrere lento della storia, molto teatrale, perfetta per una narrazione letteraria, che rischiava però di essere noiosa sul grande schermo.

Invece Rahimi ci è riuscito benissimo. Il suo film è stato per me una folgorazione: due ore, quasi tutto un monologo della bravissima Golshifteh Farahani, bella come una Madonna afghana affranta. Il film sembra cucito su di lei e l’attrice iraniana – anche lei residente in Francia, come Rahimi – non delude.

La Pietra Paziente cui allude il titolo è un marito combattente, ferito e in coma, con una giovane moglie e due bambine,  in un zona di guerra di Kabul. L’uomo giace sul pavimento di casa sua, e la moglie inizia a parlargli, a raccontargli le sue emozioni, i suoi desideri di donna, le sue aspettative che mai gli ha confessato, anche perché lui non ha mai voluto ascoltarla. Non sappiamo se l’uomo in coma sia in grado di comprendere (si scoprirà solo alla fine) ma la verità che la sua donna vuole confidargli è complessa e terribile. È il grido di dolore di una giovane donna afghana che è stata dapprima figlia e bambina maltrattata e incompresa, per poi finire moglie maltrattata e vittima di un marito che la considera un oggetto di sua proprietà, un uomo che ha vissuto un’intera vita al servizio della guerra e che conosce solo la violenza come unico linguaggio.

Il regista e scrittore Atiq Rahimi.
Il regista e scrittore Atiq Rahimi.

Al di là delle soluzioni trovate per rendere scorrevole e cinematograficamente avvincente una storia che è struggente e poetica -– ma statica come una seduta di psicanalisi – personalmente sono rimasta colpita dalla bravura di Rahimi nell’analizzare l’animo femminile. Non avevo letto il suo libro, e forse sono anch’io vittima di un pregiudizio sull’incapacità degli uomini musulmani e afghani in particolare di empatia nei confronti delle donne.

Atiq Rahimi, afghano trapiantato a Parigi dal 1985, ha studiato in Francia letteratura, prima di diventare documentarista e regista. La sua analisi del cuore della protagonista è talmente spietata e realista da suscitare, come prima reazione, un senso di sorpresa. Una donna non avrebbe saputo fare meglio. Nello stesso tempo, il suo libro e ora il suo film sono una denuncia dell’assurdità della guerra e della devastazione che provoca nel cuore degli uomini, ma anche una condanna del sessismo imperante nella società afghana, esarcerbato dalla guerra e preesistente al conflitto.

Come Pietra Paziente è un film da vedere che commuove e lascia spazio alla speranza. E di speranza, nell’Afghanistan da cui Rahimi proviene, ce n’è davvero bisogno.

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