La GRECIA, i giovani e il lavoro che non c’è


Recita l’art. 22 della Costituzione Greca (1975), al primo comma: “Il lavoro è un diritto e deve essere posto sotto la tutela dello Stato, che prenderà misure per creare le condizioni per il pieno impiego e per il miglioramento morale e materiale della popolazione lavoratrice urbana e agricola”.

Era un’epoca di speranza, quella degli anni Settanta. La Grecia tornata alla democrazia, che aveva già subìto – come l’Italia, peraltro – un’emorragia di emigranti fuggiti all’estero in cerca di lavoro nei due decenni precedenti, guardava con speranza al turismo e alle neonate imprese che fiorivano. Poveri sì, ma con potenzialità di crescita, con un futuro.

Oggi i giovani greci quella speranza non ce l’hanno più. Appena possibile, se ne vanno all’estero. Molti scelgono quella Germania che fa da capofila europeo nella linea dura sulla Grecia. Secondo una pubblicazione della Heinrich Boell Stiftung, citata oggi nel sito di Kathimerini, ogni settimana 15-20 giovani greci, per lo più laureati, giungono a Berlino a caccia di opportunità professionali. Questa nuova ondata di migranti è diversa da quelle che l’hanno preceduta. Comun denominatore è la fame di lavoro, ma le analogie finiscono qui. La manodopera a basso costo che ha contribuito al boom dell’industria tedesca aveva una bassa scolarizzazione e si muoveva spesso in gruppo, appoggiandosi a comunità di connazionali. I ragazzi d’oggi partono da soli, contano solo sull’appoggio di qualche amico o conoscente e non fanno gruppo. Sono spinti da un desiderio di normalità: un lavoro retribuito in maniera decente, la possibilità  di avere una casa e, perché no, magari prima o poi anche una famiglia propria.

Sogni davvero minimalisti, che in una Grecia sempre più in difficoltà per i ragazzi diventano un’utopia. La Bbc proprio oggi dedica un servizio alla Grecia in crisi. Mi ha colpito la storia di Nikos Karantinakis, cretese, che dirige l’Associazione dei Disoccupati. Fondata, non a caso, a Creta: nell’isola una persona su quattro è disoccupata o passa da un lavoro precario all’altro. Nikos dice che senza la solidarietà delle persone nella sua stessa situazione in seno all’Associazione, probabilmente si sarebbe suicidato. Il 31enne di Iraklion è disoccupato, e lo sono anche i suoi genitori e la sua fidanzata. Se la cavano consumando la produzione del loro orto e con qualche sussidio alimentare.

“Poter lavorare è un diritto umano fondamentale in una società civile”, ha dichiarato Nikos  Karantinakis. Lo dice anche la Costituzione, caro Nikos. Ma oggi il premier Antonis Samaras deve pensare solo a tagliare, tagliare, tagliare. Il miracolo non sembra all’orizzonte: la cura europea rischia di essere come quegli antibiotici così potenti che, oltre a stroncare il batterio cattivo, stroncano anche il malato.

La soluzione? Rimboccarsi le maniche e “passa’ a nuttata”. I giovani greci, quelli che restano, non mancano d’inventiva. A parte i soliti lavori super precari, hanno riscoperto la terra e il loro mare. Si ritorna a coltivare il campicello del nonno, fuori città. Si ricorre al baratto. E non a caso, c’è stato anche un boom nelle licenze per la pesca, negli ultimi mesi. Si fa quel che si può, per non affondare.

Da lontano, da un’Italia ugualmente alla deriva sul fronte lavoro, continuo a fare il tifo per questi ragazzi che, come tutti i giovani, hanno diritto a sognare un futuro migliore del presente. E a provare a costruirselo, con le loro mani.

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