TANIZAKI e lo scrittore diabolico e pigro Mizuno

Per Junichirō Tanizaki ho un debole. Il suo Neve Sottile (Sasame Yuki) mi ha schiuso le porte della letteratura giapponese mentre ero in quinta ginnasio (grazie alla copia presa in prestito alla Biblioteca di Como). Con le vicende delle sorelle Makioka ho intrapreso un viaggio in un mondo sconosciuto e lontano, interrompendo la monotonia dei riassunti dell’Eneide e dei Sepolcri di Foscolo. Da allora fino agli anni dell’università, in cui ho iniziato a studiare giapponese, ho divorato tutti i libri di Tanizaki che mi sono capitati fra le mani, in italiano ma anche in inglese o francese. Ho adorato le torbide atmosfere passionali della “Croce Buddista”, e il feticismo del protagonista di “Diario di un vecchio pazzo”, solo per citarne un paio, riuscendo a entrare in sintonia con il pensiero dell’autore, pur così lontano da me per coordinate spaziali, temporali e anche per personalità.

Nel 1928, Tanizaki scrisse un noir, uscito a puntate, che nel 2019 la casa editrice Neri Pozza ha proposto con il titolo “Nero su bianco” (in originale, Kokubyaku), con la traduzione di Gianluca Coci, docente di Lingua e letteratura giapponese all’università di Torino.

Non credo che questo testo sia mai stato tradotto in italiano in precedenza e certo non è l’opera migliore di Tanizaki, ma si legge con piacere. A intrigare è la figura del protagonista, lo scrittore Mizuno, appassionato di diabolici omicidi. Un personaggio bizzarro che incarna forse alcune delle manie dell’autore ma è pigro, dissoluto e incapace di gestire il suo denaro e a quarant’anni conduce la vita di chi non ha ancora deciso cosa vuole fare da grande. Vive in una pensione, è incapace di avere una relazione amorosa normale con una donna ed è privo di amicizie. I suoi romanzi che raccontavano di donne assassinate dai mariti avevano spinto la moglie a lasciarlo.

Nella Tokyo degli anni Venti Mizuno riesce a campare vendendo racconti alle riviste letterarie, ma sembra lavorare quasi per costrizione, solo per avere i soldi da sperperare in alcol e donne appena incassa. Lo troviamo, all’inizio del romanzo, intento a scrivere l’ennesimo giallo in cui il protagonista, uno scrittore, è ossessionato dall’idea del delitto perfetto. Individua la vittima ideale e senza un motivo la uccide. Per descrivere la vittima Mizuno si ispira a una sua conoscenza, tale Kojima, che nel racconto chiama Kodama, un redattore di una rivista dalla vita scialba.

Lavorare di corsa senza un bravo editor si rivela fatale: il racconto viene pubblicato senza correggere l’errore. Mizuno è ossessionato dall’idea che qualcuno abbia identificato il vero Kojima e che possa ucciderlo il giorno 25 del mese, seguendo i suoi suggerimenti. Un uomo nell’ombra che agisca copiando la trama del racconto e facendo ricadere la colpa sullo scrittore.

In una sorta di un’autodifesa preventiva, Mizuno concepisce una seconda parte del racconto, in cui lo scrittore scopre che un certo Koyama è stato ucciso nelle circostanze da lui descritte e la polizia lo incolpa, lo tortura e lo porta a confessare un delitto mai commesso. Lo scrittore viene condannato a morte… e solo dopo la sua morte l’assassino svela il suo delitto. Mizuno si mette all’opera su questa seconda parte, ma nel frattempo Kojima è stato realmente ucciso come lui aveva previsto. Che ne sarà di lui, Mizuno? Ha un alibi? Non ve lo dico, per non privarvi del piacere di scoprirlo.

Questo gioco di scatole cinesi fra Mizuno e il suo doppio, e Tanizaki che ne regge le fila, a tratti è macchinoso, ma sa intrigare. Nella parte finale, Mizuno confessa di aver usato se stesso come modello per lo scrittore protagonista – e il lettore non può che domandarsi: quanto c’è di Tanizaki, viceversa, in Mizuno? Sembra quasi un divertissement, ma fa riflettere sul modus operandi di chi fa letteratura. C’è sempre, in qualche misura e in ogni sua opera, l’autore. Ci sono personaggi ispirati a persone realmente esistenti e modificati ad arte per non essere riconoscibili. Lo fanno tutti gli scrittori.

C’è una curiosità, che racconta la postfazione dell’edizione inglese di “Nero su bianco”. Quando Tanizaki scrive, è reduce da un dibattito letterario con Ryunosuke Akutagawa sull’importanza della trama in un racconto. Akutagawa chiuse questo confronto suicidandosi il 24 luglio 1927, proprio nel giorno del compleanno di Tanizaki. Probabilmente la vicenda avrà scosso lo scrittore, e chissà, forse gli avrà ispirato questa trama in cui lui, lo scrittore, uccide un altro scrittore, Mizuno, che a sua volta uccide nel racconto il suo protagonista, anch’egli scrittore.

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