THE HOUSEMAID di Im Sang-soo

Una scena di The Housemaid: da sinistra, le attrici Seo Hoo e Jeon Do-youn

Sono andata al cinema a vedere The Housemaid di Im Sang-soo, uscito verdì 27 maggio nelle sale italiane, con una certa diffidenza. Conoscevo il regista coreano per La moglie dell’avvocato (2003) presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e acclamato come capolavoro, che però non mi aveva entusiasmata, per eccesso di manierismo.

Questo thriller a sfondo psicologico, invece, è semplicemente perfetto: elegante, ben recitato, mai noioso. Presentato a Cannes nel 2010, The Housemaid è un gioiello. Ignoravo che si trattasse di un remake di un celebre film coreano, Hanyo di Kim Ki-young (1960), che non ho peraltro visto. «In Corea Hanyo è un film leggendario», ha dichiarato il regista. «Il mio atteggiamento è stato dirmi che dovevo fare meglio di Kim Ki-young o per lo meno eguagliarlo. Il suo film ha la particolarità di offrire una rappresentazione fedele della società coreana dell’epoca. Sono passati 50 anni, quindi la chiave del mio approccio è stata decidere che il mio film fosse lo specchio di questa evoluzione».

L’attore Lee Jung-jae è Hoon.

Im Sang-soo quindi ci catapulta nel mondo dei supericchi sudcoreani di oggi, con villa in stile hollywoodiano e personale devoto e solerte sempre a disposizione dei padroni, per soddisfare ogni capriccio: un calice di vino rosso blasonato o  un massaggio alla schiena nella lussuosa vasca da bagno, in un bagno di design.

La protagonista, la cameriera Euny (Jeon Do-youn), diventa l’oggetto del desiderio del padrone di casa Hoon (Lee Jung-jae), che ne fa la sua amante, forse solo perché la bella moglie Hera (Seo Woo) è in stato di gravidanza avanzata e non può più soddisfare i suoi desideri. Una liason sessuale con la cameriera è scelta comoda: fa risparmiare tempo perché è già a casa e basta un assegno per metterla a tacere. Ma non andrà esattamente così…

L’esordio della relazione è con una scena di sesso orale, in cui nulla si vede ma che è probabilmente valsa il divieto della censura ai minori di 14 anni. Un divieto che, francamente, fa sorridere. L’esibizione del corpo scultoreo e nudo di Lee Jung-jae (senza genitali visibili) è non è volgare, né sgradevole. Al contrario, rientra in una scelta estetica impeccabile, che permea tutto il film nei minimi dettagli. La casa dei ricchi è sempre bella, in ordine, perfetta. Persino il cibo nei piatti ha l’aria di essere asettico e privo di qualsiasi odore.

Alla prepotenza del denaro, il film affianca un maschilismo irritante, che sembra essere un tratto distintivo della società coreana. Le donne sono economicamente autonome, vivono sole,  possono avere un figlio fuori dal matrimonio, ma a dettare le regole sembrano essere sempre gli uomini. Alle donne non resta che contendersi la loro attenzione e, in questo caso, il loro denaro.

Il film ruota intorno al personaggio maschile, circondato da un gineceo: la moglie, la figlia, le due cameriere, la suocera. Tutte intente a compiacerlo, incapaci di dirgli di no. Euny, che diventa sua amante per caso, senza essere attratta realmente dal padrone, quasi fosse per lei un destino ineluttabile.

L’unica che si ribella, a suo modo, è la moglie Hera. Resterà con lui, continuerà a produrre rampolli per la famiglia, ma gli farà capire che la sua motivazione è il denaro, non l’amore. Cosa che non turberà minimamente l’amorale, narcisista e anaffettivo Hoon.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.