Arriva KIKI di Hayao Miyazaki… dopo 24 anni!

kiki

La streghetta Kiki ci ha messo 24 anni ad arrivare in Italia: decisamente un volo lungo sulla sua scopa! Questo film di animazione di Hayao Miyazaki e del suo mitico Studio Ghibli è stato realizzato nel 1989. È uscito solo in home video, e adesso dal 24 aprile prossimo sarà possibile godere anche la magia del grande schermo.

A qualcuno il tema della streghetta potrà sembrare molto già visto. Ma è giusto ricordare che il film giapponese, tratto da un racconto di Eiko Kadono, è antecedente alle Witch, alle Winx e alla moda che da allora ha contagiato le ragazzine.

La storia è una curiosa commistione di temi occidentali e orientali – come in altri film di Miyazaki. Qui la protagonista a 13 anni è chiamata ad adempiere a un vero e proprio rito di iniziazione: cavarsela da sola, lavorando, per un anno in una città straniera. Solo così potrà poi ritornare con il titolo ufficiale di strega nella sua famiglia d’origine.

jijiIl kit di sopravvivenza di Kiki è una scopa volante – immancabile! – e il suo gatto nero Jiji, la creatura più deliziosa di tutto il film. Insieme si ingegneranno per trovare un lavoro, poco streghesco, a dire il vero: niente predizioni del futuro o magie. Kiki userà la scopa volante per fare il pony express.

Ciò che rende questa fiaba interessante per un pubblico di bambini intorno ai 9-10 anni è proprio il rito di passaggio: arriva sempre un momento in cui un bambino sente il desiderio di maggiore autonomia, di affrancarsi in parte dalla tutela dei genitori, di crearsi una rete tutta sua di amicizie. Naturalmente nella nostra società ciò non coincide con l’indipendenza economica, un traguardo lontano e ormai quasi impossibile anche oltre i 20 anni, causa crisi economica. Come le prove che esistevano nelle società tribali, Kiki deve procurarsi il cibo da sola. Ma nella storia dalla sua parte c’è una collettività che è cosciente del compito che la ragazzina deve affrontare. E al di là della freddezza degli abitanti della città di fantasia di Koriko, Kiki incontrerà persone che solidarizzeranno con lei e le daranno una mano.

Il film di Hayao Miyazaki non suggerisce, certo, il lavoro minorile. Ma genera negli adulti un po’ di nostalgia per un mondo scomparso, dove una zia ti dava una mancia per una commissione, una vicina di casa ti offriva dei dolci se le andavi ad acquistarle il pane… E così si abituavano i bambini a qualche piccola responsabilità e al concetto di ricompensa, quando svolgi bene il compito affidato. Un mondo in cui le persone si conoscevano, in cui un bambino poteva girare più liberamente, senza essere sorvegliato a vista da baby sitter e senza essere catechizzato a diffidare di qualsiasi adulto, potenziale pedofilo… Voglio credere che in qualche piccola realtà, lontano dalle grandi città, un mondo più vicino a quello di Kiki (e di noi bambini degli anni Settanta) possa essersi salvato. Più che una certezza, è una speranza.

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