Claire Ly: TORNATA DALL’INFERNO dei Khmer Rossi

claire_ly
Claire Ly.

Si intitola “Tornata dall’inferno” un interessante libro-testimonianza pubblicato dalla casa editrice Paoline nel 2006. L’autrice è una domma cambogiana, Claire Ly, che racconta la sua discesa agli inferi: da intellettuale e funzionaria del Ministero dell’educazione a Phnom Penh, figlia di famiglia borghese e benestante e moglie di un funzionario bancario, a contadina schiavizzata dai Khmer rossi, l’esercito di Pol Pot composto spesso da ragazzini che ha compiuto un efferato genocidio sulla popolazione inerme cambogiana nei quattro anni in cui i suoi capi furono al potere.

Era parecchio tempo che volevo leggere “Tornata dall’inferno” di Claire Ly e finalmente ci sono riuscita. È interessante il percorso interiore che ha portato l’autrice, buddhista come tutta la popolazione cambogiana, ad avvicinarsi al cristianesimo e ad abbracciare questa fede occidentale e straniera. Ma c’è un punto di questo libro che mi ha particolarmente intrigata. Da sempre mi sono domandata quale reazione abbia avuto questo popolo, presso il quale la religiosità buddhista Theravada è profondamente radicata, di fronte alla sconvolgente ascesa dei Khmer rossi e alla violenza. Non hanno mai avuto l’impulso di ribellarsi?

khmer-rossi

Ecco, il libro di Claire Ly, che è stata buddhista, ha il merito di far luce su questo aspetto. Il buddhismo dice che ogni vita attuale è determinata dalle azioni compiute nella vita precedente: è la legge del karma. Di fronte a un’idea di destino così ineluttabile,l’individuo è spinto ad accettare le cose come vengono. Ed è esattamente quanto accadde ai tempi dei Khmer rossi. La sofferenza altrui non commuove, così spiega Ly: chi soffre raccoglie il frutto del suo karma. In parole povere, se lo merita e ben gli sta. È anche inutile agitarsi troppo, perché ogni buddhista sa che la vita è sofferenza e ciò che conta è raggiungere il distacco da ogni sorta di desiderio, che porta alla fine della sofferenza. È una mentalità che ha sicuramente favorito la rassegnazione di fronte al dramma.

Claire Ly, tuttavia, scrive che “continuare ad accettare la legge del karma quando l’ingiustizia è lampante, quando la violenza è onnipresente, quando ho la responsabilità della vita dei miei figli, mi risulta impossibile”. Il germe della ribellione di questa donna trova un terreno di dialogo con il Dio cristiano.

In fondo anche il Dio cristiano non promette la giustizia sulla terra, ma nei cieli. Basti pensare al discorso delle Beatitudini per scoprire che, in fondo, una vita di sofferenza porta poi a una ricompensa ultraterrena. Per i buddhisti, il “premio” non è il paradiso, ma una reincarnazione migliore nel giro successivo, finché si riuscirà a interrompere il ciclo delle nascite e rinascite, raggiungendo la somma beatitudine. Ma a Claire Ly che lotta per la sopravvivenza questo Dio occidentale si mostra soprattutto come un interlocutore con cui avviare un dialogo, sfogare la propria amarezza e angoscia, e chiedere la forza di resistere.

Pol Pot.
Pol Pot.

Claire Ly ha il grande merito, con questo libro, di farci comprendere il valore dell’individuo nella società cambogiana, aiutandoci a decifrare l’atteggiamento stoico della maggior parte della popolazione di fronte al precipitare degli eventi. È il buddhismo la chiave di lettura: la stessa fede che imperniava, peraltro, anche Pol Pot e il suo entourage più stretto, che agiva sulla base di una disciplina in qualche modo ispirata alla tradizione monacale, pur essendo latori di un’ideologia aliena come come il comunismo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.