FISH TANK: un’adolescenza marginale nell’Essex

Da venerdì prossimo, 23 luglio, distribuito da One Movie esce nelle sale italiane Fish Tank di Andrea Arnold, film vincitore del premio  della giuria a Cannes 2009 e del premio di miglior film ai  Bafta – gli Oscar inglesi – del 2010.

In un’Inghilterra sempre più deindustrializzata, non ci sono solo gli stranieri ai margini della società. C’è una fascia di reddito medio-basso della popolazione che si arrabatta fra precarietà e sussidi pubblici. E spesso nella sacca di marginalità ci sono giovani donne con bambini, a volte abbandonate dal partner, che cercano di sopravvivere con gli aiuti forniti dallo Stato. La storia che Andrea Arnold – che è anche sceneggiatrice – racconta, verte proprio su una famiglia al femminile, con una madre disadattata e una figlia adolescente e ribelle. Come nel caso di “Precious”, sono donne apparentemente senza speranza, tagliate fuori dal mercato del lavoro. Ma qui la quindicenne Mia è in guerra con il mondo.

La storia: Mia è un’adolescente aggressiva e asociale. Ha litigato con la sua unica amica, Keelay, e vaga tutto il giorno per la periferia di un imprecisato luogo nel’Essex, non frequenta la scuola e sogna di diventare una ballerina hip-hop. Convive ma la madre e sorella minore ma le due ragazzine e la donna tutto sembrano, fuorché una famiglia. La comunicazione fra di loro è basata sull’insulto. Un giorno la madre porta a casa un nuovo fidanzato, Connor. Mia dapprima lo detesta, ma con astuzia e savoir faire Connor riesce a farsi accettare dalle due ragazzine.  Finche’ una notte succede qualcosa che non doveva succedere…

Perché vederlo?

1. Non è il solito film di denuncia, è una storia che racconta la marginalità nello stile (non di ripresa, ma di plot) dei fratelli Dardenne. Chi apprezza un contenuto sociologico, non resterà deluso.

2. L’esordiente Katie Jarvis nei panni di Mia è eccezionale. Graziosa quanto basta, spontanea, abile nel comunicare la rabbia repressa adolescenziale, che diventa aggressività allo stato puro in un contesto degradato come quello in cui vive la protagonista.

3. La sceneggiatura ben costruita. La storia non prende strade improbabili, l’aspetto emozionale dei personaggi è ben delineato. La figura di Connor, per quanto scontata nel ruolo di seduttore che finirà per avere, è coerente e credibile. Da notare il finale (che non svelo, per non rovinare il piacere di chi andrà a vederlo!).

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