In Turchia si parla il greco di GIASONE
La notiziona l’ha pubblicata ieri The Independent britannico, l’ha ripresa l’Ansa e oggi l’ho trovata anche sul Corriere della Sera.
Ioanna Sitaridou, docente di evidente origine greca di Filologia romanza all’università di Cambridge, svela che in alcuni villaggi isolati, in prossimità di Trebisonda (Trabzon in turco, Trapezounta nella sua denominazione originaria greca) esistono comunità che parlano romeyka, un dialetto greco molto vicino alla lingua parlata al tempo di Giasone e degli Argonauti, che sarebbero passati proprio da quelle parti durante il loro viaggio verso la Colchide, situata nell’attuale Georgia.
Giustamente Sitaridou ha un approccio da linguista. Questa gente, attualmente turchizzata e di fede musulmana, parla una lingua che è un fossile vivente, che sopravvive solo in forma vernacolare e che potrebbe aiutarci a comprendere meglio la lingua classica. Vari costrutti grammaticali sono infatti simili al greco antico, mentre il greco attuale, come tutte le lingue moderne, è frutto di un’evoluzione.
Detto ciò, sorrido di fronte all’enfasi data alla notizia. Evidentemente, chi ne ha scritto sa poco o niente delle sorti dei Greci del Ponto, nazione fiorente che includeva anche l’area di Trebisonda giungendo fin quasi ai confini con la Georgia. Dal VIII sec. a C. fino al 1923, per un periodo di oltre 2600 anni, i greci vissero lungo le sponde del Mar Nero. Per vari periodi, il Ponto fu un regno indipendente, sotto sovrani quali Mitridate e l’imperatore Alessio Comneno.
Fino al 1923, erano circa 700 mila persone, perfettamente bilingui, perché come cittadini ottomani erano tenuti a conoscere il turco, ma saldi nella loro lingua greca, evolutasi nel dialetto del Ponto, derivato dal greco classico.
La guerra e il trattato di Losanna con il conseguente scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia cacciarono questa comunità storica dalla sua terra ancestrale. 700 mila Greci del Ponto emigrarono forzatamente in Grecia, mentre 300 mila furono uccisi dai Turchi, in un genocidio “minore” di cui nessuno parla. Minore solo perché lo sterminio degli Armeni fu una strage di proporzioni maggiori, ma sempre di genocidio si trattò.
C’è da stupirsi che qualcuno di questi Greci del Ponto sia rimasto in Turchia? Assolutamente no. Singoli individui e piccole comunità isolate accettarono di rinunciare alla propria identità di Greci e cristiani per sopravvivere in mezzo ai Turchi, per non lasciare la loro Heimat.
Cosa è peggio? Rinunciare a se stessi o alla propria patria? E’ una scelta ardua. In entrambi i casi, il risultato è sentirsi psicologicamente mutilati. Questi “Greci nascosti” di Trebisonda non sono diversi dagli “Armeni nascosti”, i pochi che riuscirono a salvarsi e a restare in Turchia.
La regista Yesim Ustaoglu ha dedicato un film, Waiting for the clouds – Bulutlari beklerken (2003), alla storia di Ayse, un’anziana turca dell’area del Mar Nero che in realtà si chiamava Eleni ed era greca, e cambiò identità per non morire. In vecchiaia, Ayse si mette alla ricerca del fratello Niko, dal quale fu separata durante la cacciata dei Greci del Ponto.
Gente dimenticata, vessata, che malgrado si siano avvicendate tre e più generazioni, ancora non ha diritto di affermare le proprie origini, di uscire allo scoperto. Per poterlo fare, come sto facendo io, orgogliosa delle mie radici antiche in quelle terre impervie lungo il Mar Nero, si è dovuto partire e subire la diaspora. In nome dei nazionalismi e delle pulizie etniche che hanno funestato tutto il secolo scorso.
Nella foto: un’immagine di Waiting for the clouds di Yesim Ustaoglu.
In realtà questo genocidio è poco conosciuto, ma assai noto in Grecia. Esiste un libro molto famoso chiamato “Ματωμένα Χώματα” (terre insanguinate) che in Grecia è arrivato a una cosa come la 60° edizione… Si tratta della testimonianza di una donna che visse quella pagina di storia in prima persona. Per chi volesse approfondire. Credo sia stato tradotto anche in italiano.
Grazie per la precisazione, Pierre. In effetti il libro che cita in Grecia è un bestseller e il genocidio dei Greci del Ponto ha anche una data ufficiale di commemorazione: il 19 maggio. Fuori dalla Grecia, questa vicenda rimane un capitolo storico poco noto. Da qui l’effetto sorpresa che mi sembrava di cogliere nella stampa non ellenica sull’esistenza di discendenti dei Greci nella Turchia odierna.