EAST ZONE: immagini dall’Oriente a Villa Contarini, a Piazzola sul Brenta
In questa foto mi sono imbattuta per la prima volta quando ho iniziato a studiare la Storia giapponese, all’università. Mi sembrava alquanto curioso questo giovane giapponese con lo sguardo truce da samurai e con un pizzetto risorgimentale, una divisa con un cappello da Napoleone e una giacca gli alamari. Ritraeva l’imperatore Meiji, l’artefice della svolta epocale che ha portato il Giappone da secoli di isolamento durante lo shogunato Tokugawa all’apertura verso il mondo. Con l’adozione di usi e costumi altrui, che incisero soprattutto nella riorganizzazione dello Stato e nella creazione di un esercito moderno.
È grazie a un fotografo giapponese, Uchida Kuichi, se possiamo guardare negli occhi quest’uomo che appartiene a un’epoca e a un mondo lontano. Così distante culturalmente da prevedere che il signore in questione non dovesse essere visto dal popolo. Dietro a questa e ad altre foto, c’è una storia travagliata, come racconta Koji Taki nel saggio “Il ritratto dell’imperatore” (Medusa, 2005). Mutsuhito, l’imperatore Meiji, ruppe questo tabù e concesse il proprio corpo alla vista altrui, grazie anche a questo sorprendente mezzo portato dai gaijin: la fotografia.
È stato piacevole come ritrovare un vecchio amico vedere esposta alla mostra East Zone a Villa Contarini, che ho visitato a gennaio, una foto all’albumina colorata a mano dell’imperatore Meiji di Uchida Kuichi (1872). Fantastiche le guance rosate: come se gli fosse stato data una pennellata di fard (qui ho inserito quella in bianco e nero, ritrovabile in rete).
La mostra è focalizzata soprattutto sui fratelli greco-veneziani Antonio e Felice Beato e sul vicentino Adolfo Farsari: tre fotografi veneti con un gran voglia di avventura e di scoprire il mondo, non solo reporter ma anche imprenditori e creativi.
Mentre Antonio Beato lavorò soprattutto in Medio Oriente, il fratello Felice e Farsari raggiunsero l’impero del Sol Levante, che in quegli anni aveva da poco aperto le porte agli stranieri. Grazie anche a loro, la fotografia conquistò i giapponesi e una generazione di fotografi autoctoni (ben rappresentati alla mostra) crebbe al loro fianco.
Le immagini di Beato sono intense e belle come un quadro. Spesso colorate – gli acquarellisti non mancavano, nel Giappone degli ukiyoe – offrono una testimonianza dello stile di vita dell’epoca, raccontando gli abiti, i mestieri, le case, i vezzi e la bellezza femminili.
Se siete nipponofili o appassionati di Storia orientale – io rientro in entrambe le categorie! – non perdetevi East Zone. Anche se le foto di Beato non sono così numerose, offre comunque l’opportunità di comprendere l’apporto dei fotografi occidentali nel Giappone Meiji. Villa Contarini e il piccolo centro di Piazzola sul Brenta (Padova) valgono la sosta.