Gelide e inospitali: perché Giappone e Russia si contendono le KURILI?
La visita di lunedì scorso del presidente russo Dimitrij Medvedev nell’isola di Kunashir dell’arcipelago delle Kurili e i dissapori con il governo giapponese riaccendono i riflettori su una questione irrisolta da 65 anni. Kunashir insieme a Iturup, Shikotan e Habomai sono le Kurili meridionali, che i sovietici conquistarono durante la seconda guerra mondiale, cacciando oltre 17.000 giapponesi. In effetti, sono a una distanza davvero ravvicinata dalle coste di Hokkaido. L’Urss non volle restituirle al termine del conflitto, e di conseguenza fra Urss, oggi Russia, e Giappone non si è mi giunti a un trattato di pace, malgrado sia trascorso oltre mezzo secolo dalla fine della guerra.
Eppure, guardando una carta geografica europea, per esempio, situazioni di estrema contiguità geografica fra il territorio d’uno Stato e un’isola a esso non appartenente abbondano. Per esempio, l’isola di Bornholm, appartenente alla Danimarca, è più vicina alle coste della Scania svedese che a quelle danesi. E in Grecia, Kos, Symi, Chios, Lesvos e un’infinità di isole dell’Egeo orientale sono a poche miglia dalla costa turca. Cosa c’è di così diverso in questa situazione?
Una ruggine antica, che risale a due secoli fa, quando l’impero zarista e quello del Sol Levante si trovarono faccia a faccia. Il rush russo verso l’Estremo Oriente incomincia agli inizi del Seicento, con le prime spedizioni verso l’Est e l’Amuria. In realtà, la Siberia era utilizzata come terra d’esilio già dalla fine del Cinquecento e questo utilizzo diverrà sistematico già nel 1650 circa. Sono le risorse a fare gola: oltre alle pellicce, queste terre offrono miniere di zinco, oro, rame. Dal canto loro, i giapponesi nel 1808 mandano Mamiya Rinso a Sakhalin, per redigere una mappa (che dimostra, per la prima volta, che si trattava di un’isola e non una penisola, come si credeva). L’isola e le vicine Kurili diventano oggetto di spedizioni da ambo le parti, e si pone sempre più forte l’esigenza di stabilire un confine. Con il trattato di San Pietroburgo del 1875, i giapponesi rinunciano a Sakhalin e i russi cedono loro in cambio tutte le Kurili. La pace non è stabile: fra sorti alterne, si arriverà all’attuale assetto nel 1945.
Cosa spinge dal XIX secolo Russia e Giappone a disputarsi così duramente questi scogli vulcanici? Certo non l’idea di farne un paradiso per turisti: anche se i paesaggi sono selvaggi e incantevoli, per nove mesi all’anno l’arcipelago è ghiacciato. I terremoti sono frequenti. Ma le acque sono pescose e le risorse naturali abbondano. E per il Giappone, il possesso delle quattro isole più vicine al suo territorio ha anche valenze strategiche.
La recente visita di Medvedev – vissuta dai giapponesi negativamente – non sembra voler indicare una soluzione del dilemma. Anzi, pare riaffermare l’autorità russa sulle isole, in toto. Malgrado siano decenni, dalla perestrojka in poi, che si parli di una “soluzione vicina”.