Perché non abbiamo una YOLANDE MOREAU?

Da ieri, casualmente, sono nelle sale italiane due film che hanno – uno come protagonista, l’altro come co-protagonista – l’ottima attrice belga Yolande Moreau. Sono Mammuth della coppia Benoît Delépine e Gustav Kervern, e Séraphine di Martin Provost.

La 57enne attrice, sceneggiatrice e regista Yolande Moreau ha vinto per la seconda volta un César come migliore attrice per Séraphine, un film del 2008 che esce da noi sola ora grazie a OneMovie. Qui interpreta magistralmente la pittrice bizzarra e un po’ folle Séraphine de Senlis (nella foto a sinistra), finita casualmente a fare la domestica nel 1913 del collezionista tedesco Wilhelm Uhde (Ulrich Tukur) che scoprirà e valorizzerà il suo talento. Naive e animata da una religiosità ossessiva, Séraphine potrà dedicarsi all’arte grazie e Uhde, che si prenderà cura di lei anche quando il suo comportamento sopra le righe la isolerà totalmente dalla società.

Yolande Moreau è una incredibile Séraphine, sciatta e burbera come spesso sono i suoi personaggi. Anche se il film scorre lento ed è certo una pellicola destinata a un pubblico di nicchia, appassionato di cinema di qualità, la sua interpretazione – in una voluta ripetitività di gesti e situazioni – è magistrale.

Anche in Mammuth, dove la Moreau è Catherine, la moglie cassiera in un supermercato del neopensionato Depardieu, l’attrice riesce a conferire realtà e umanità a personaggio di una donna come tante, che combatte quotidianamente per sopravvivere fra mutui, bollette e condizioni di lavoro non sempre facili, ai tempi della crisi.

Da Louise-Michel (2008), che le ha regalato notorietà con una parte di primo piano, mi domando se una attrice talentuosa come la Moreau, che proviene dal teatro (dove ha ottenuto grandi successi anche in one man show satirici da lei scritti e recitati), avrebbe trovato spazio nel cinema in Italia, come invece è riuscita egregiamente a fare in Francia. Temo che la risposta sia no. In Francia c’è una pluralità di ottime attrici over 40 e over 50  (e oltre, in qualche caso) che recitano in commedie e  film drammatici. E non fanno la parte della “sex bomb”, ovviamente. Perché in Francia le donne al cinema possono essere madri, mogli, amanti, figlie, disoccupate, emarginate. Esattamente come nella realtà. E non ci si vergogna a attribuire 7 Césars a un film come Séraphine, che ha una donna atipica e per niente seducente come protagonista. Ciò succede perché in Francia esiste ancora un cinema che osa raccontare la realtà, così com’è. E che riflette una visione sociale e culturale della donna ben diversa da quella italiana.

Invece da noi, anche quando si vuole fare un film sulla realtà dell’Alzheimer (penso a Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati), si sceglie una bella attrice 46enne come Francesca Neri per incarnare la parte di una donna presumibilmente over60 (e lo stesso vale per il 53enne Bentivoglio, che dovrebbe essere un anziano over 65).

Perché la gente normale deve per forza essere bella e patinata nel nostro cinema? Fin quando continueremo a fare un’immagine estetizzante e lontana dalla realtà e a utilizzare le attrici solo entro la “data di scadenza” della quarantina (quando va bene!), in prevalenza in ruoli seduttivi, non avremo mai una Yolande Moreau, una Sabine Azéma o una Ariane Ascaride…

Grazie, Yolande, di esistere. Anche a nome delle cinquantenni un po’ sovrappeso e di modesta estrazione che sai rappresentare un tocco di leggerezza e ironia. Grazie per la dignità e il diritto di esistere che dai a queste donne  che altrove sono condannate all’invisibilità.

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