GLI EBREI DI SAN NICANDRO di Davis: una bella pagina di Storia
In un’estate funestata da mille letture legate al lavoro, mi sono felicemente rilassata con un bel libro di Storia, che mi attendeva da tempo (sullo scaffale dei libri in waiting list). Si intitola Gli ebrei di San Nicandro, scritto da John A. Davis, docente di Storia italiana moderna all’università del Connecticut. L’ha pubblicato in Italia nel 2013 la casa editrice Giuntina.
È un piccolo brandello di Storia italica quello della comunità di San Nicandro nel Gargano, un paesino di poche anime all’inizio del Novecento. Artigiani, braccianti e contadini, immersi in un’atavica miseria e in una costante lotta per la sopravvivenza, come tante altre realtà del Sud. Forse i riflettori della Storia non si sarebbero mai accesi su questo borgo se uno dei suoi figli, Donato Manduzio, nato nel 1885 e tornato disabile dopo la Prima Guerra Mondiale, non avesse avuto una visione. Dio in persona – non quello dei Vangeli ma quello della Bibbia – lo incaricava di diffondere la vera fede, quella proclamata nell’Antico Testamento e seguita in tutto il mondo dagli ebrei. Addio Gesù, quindi: si doveva tornare ad attendere il Messia.
Incredibile ma vero, Manduzio riesce a convincere la moglie e alcuni compaesani a seguire il suo esempio e a proclamarsi ebrei. All’inizio, la piccola comunità pugliese è convinta di essere sola e isolata. Poi, Manduzio scopre che in Italia e nel mondo esistono degli altri ebrei – l’ebraismo non si è infatti estinto come i dinosauri, come pensavano – e cerca di entrare in contatto con loro per farsi riconoscere.
La vicenda raccontata in modo estremamente documentato da Davis strappa il sorriso. Col tempo, si entra in piena era fascista, in un periodo in cui l’italianità viene fortemente ancorata alla fede cattolica. Manduzio e soci non solo se ne discostano, ma con ostinazione premono per essere ufficialmente riconosciuti dagli altri ebrei italiani. Al di là del fatto che l’ebraismo non è una religione che punta al proselitismo, paradossalmente il gruppo di San Nicandro ostenta orgogliosamente la sua scelta proprio quando nubi fosche si addensano in Europa sugli ebrei.
San Nicandro garganico è fortunatamente lontano dalle tragedie che funestano l’Europa. Manduzio e i suoi seguaci si disputano su inezie; come bambini litigano su chi ha il diritto di contattare i rabbini italiani in veste di rappresentante ufficiale della comunità. Intanto, in mancanza di fonti e informazioni precise, praticano un ebraismo un po’ “fai-da-te”, con canti e salmi ideati dai seguaci con tanta buona volontà, che sicuramente avranno stupito i vari inviati dell’ebraismo ufficiale che hanno reso visita al piccolo gruppo di convertiti.
In questa storia, colpiscono l’ingenuità e l’entusiasmo da neofiti di Manduzio e soci, ma anche la giusta titubante reazione del mondo ebraico italiano, assolutamente non avvezzo a ritrovarsi di fronte degli aspiranti ebrei. Cosa voleva davvero questa gente? La loro fede era autentica?
L’happy end non manca. Nel dopoguerra, alcuni dei seguaci della comunità ebraica di San Nicandro riusciranno a realizzare il loro sogno della aliyah, il ritorno nella Terra Promessa, emigrando in Israele, dove ancora oggi vivono i loro discendenti.
Questo libro mi è proprio piaciuto. Perché attraverso la vicenda di San Nicandro, Davis ci conduce anche fra i meandri della politica fascista in tema di religione e ci fa scoprire aspetti meno noti della Storia italiana della liberazione.
Il libro: Gli ebrei di San Nicandro di John A.Davis. Giuntina, 2013, 260 pp., 15 euro