Quanto è speciale stare in una CAPANNA NEL BOSCO

Skyview Chalets. Foto © Martin Lugger

Immergersi nella natura con un comfort a cinque stelle e alla sera guardare le stelle in riva al lago di Dobbiaco, in Alto Adige… Chi non sognerebbe di fuggire in uno dei dodici fantastici Skyview Chalet, inaugurati a giugno 2019? Un hotel di sogno nato da un bel progetto dell’architetto Paolo Scoglio, in un luogo dove l’inquinamento luminoso è assente, quindi si possono toccare le stelle con un dito. Magari immersi in una jacuzzi, che gli chalet deluxe hanno sul terrazzo panoramico.

Capanna di Henry David Thoreau. Disegnata da Carola Provenzano e tratta dal libro “Quattro capanne o della semplicità” di Leonardo Caffo, casa editrice Nottetempo

Anche il filosofo e scrittore Henry David Thoreau (1817-1862) aveva scelto di rifugiarsi in un bosco, vicino a un lago. Un luogo entrato nell’immaginario di generazioni, grazie al successo del libro autobiografico Walden ovvero Vita nei boschi. Magari qualcuno conosce Thoreau anche per Disobbedienza Civile, un altro libro di quelli che sopravvivono al passaggio del tempo e che hanno fatto riflettere generazioni di lettori. Questa capanna – decisamente ben più spartana degli chalet di lusso al lago di Dobbiaco – e il significato che ha avuto nel pensiero di Thoreau sono al centro del primo capitolo del saggio Quattro capanne o della semplicità del giovane filosofo italiano Leonardo Caffo, pubblicato dalla casa editrice Nottetempo nella collana Terra. En passant, mi piace sottolineare che Caffo è un tipo decisamente in gamba: oltre a insegnare Filosofia Teoretica al Politecnico di Torino e Fenomenologia delle Arti Visive Contemporanea al NABA di Milano, fa un sacco di altre cose, tra cui scrivere libri, collaborare con la Triennale, fare il conduttore e l’autore radiofonico. Non avevo mai letto niente di suo, ma questo libro non delude. C’è molta filosofia, sì, ma ci sono anche molte storie. Tutte da scoprire.

Theodore “Ted” Kaczyncki, detto Unabomber

Come la storia di Theodore Kaczyncki, più noto come Unabomber, arrestato nel 1996. Le sue bombe caserecce fecero scalpore tra gli anni Settanta e Novanta, il periodo di attività terroristica di questo personaggio. Erano indirizzate a professori universitari, a piloti d’aereo, a scienziati. Sedici ordigni e un criminale imprendibile. Quando fu finalmente catturato, il mondo si stupì nello scoprire che si trattava di un ex professore universitario di Matematica, una mente geniale che a 26 anni già aveva una cattedra a Berkeley. Anche lui aveva scelto di isolarsi dal mondo in una capanna. Leonardo Caffo, che non ne fa certo un’apologia, ci racconta la sua visione, il suo pensiero che l’ha portato a scegliere la violenza per reagire a quella che a lui sembrava la violenza del sistema.

Nel libro, Caffo ci racconta anche della capanna dell’architetto Le Corbusier, il Cabanon, sulla collina di Cap Martin fra Mentone e Monaco, prefabbricata e trasportata nel luogo scelto dal maestro. Una capanna semplice, con pochi comfort, che sembra un luogo improbabile per un uomo ricco e benestante come Le Corbusier… Eppure, a età avanzata, questa è la sua scelta. «Dove nessuno capisce quando termina l’uomo e inizia la natura, lì, proprio lì, c’è la semplicità», scrive l’autore.

E poi l’ultima capanna, quella del filosofo Ludwig Wittgenstein, in un fiordo norvegese… Forse la più difficile da capire, perché impone di entrare nel pensiero filosofico di Wittgenstein. Quattro capanne o della semplicità ci mostra quattro diversi approcci, dove il fil rouge è un rifugio nella natura, semplice ed essenziale, ma che assume valenze diverse, a seconda dei protagonisti. «Possiamo imparare dal mondo, e dunque percepirlo, solo quando esso viene liberato dal nostro sistema di attese che lo ingabbia», scrive Leonardo Caffo. Solo così possiamo tornare «all’idea che la nostra vita possa essere indirizzata verso obiettivi che non siano già previsti in partenza, ma che conducano alla rottura degli schemi ordinari e preimpostati». E tornare a stupirci.

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