ABOUT ELLY – Un sorprendente noir iraniano
Sempre in tema di sconsolante panorama estivo al cinema, ecco una luminosa eccezione, tutta da scoprire. Si intitola About Elly, e suona molto americano… Se non ci fosse il nome del regista, Asghar Farhadi, a ricordarci che è un film iraniano, Paese che ci ha abituato a piacevoli sorprese e a registi di grande bravura. E’ in sala dal 18 giugno scorso.
Il film ha vinto l’Orso d’Argento a Berlino 2009 e il premio per la migliore sceneggiatura al Tribeca 2009. Meritatissimo l’accento posto sulla sceneggiatura, che è opera dello stesso regista Farhadi. Nella sua semplicità, il plot regge fino all’ultimo minuto, tenendo lo spettatore in sospeso, in attesa di capire che cosa sia successo veramente. E’ sempre più raro trovare sceneggiature così poco scontate come questa.
La trama: un gruppo di amici trentenni organizza una vacanza familiare (coppie e bambini) in una villa sul Mar Caspio, meta turistica della borghesia di Teheran. Sepideh invita anche la maestra d’asilo della sua bambina: vorrebbe farla conoscere ad Ahmad, suo fratello, reduce da un divorzio dalla moglie tedesca. Tutto va per il meglio, finché Elly scompare misteriosamente. Sarà morta affogata in mare? Sarà scappata? E perché? L’agognata vacanza si tramuta in un incubo per tutto il gruppo…
Perché vederlo?
1. Per il sapiente bilanciamento della storia. Nel primo tempo, potremmo essere ovunque: se non ci fossero i veli delle ragazze e i nomi iraniani a ricordarcelo, potrebbe sembrare una gita fra amici, con battute e scherzi, in qualsiasi angolo del mondo occidentale… Ma il secondo tempo cambia completamente registro, e il film si tramuta in un vero film iraniano…
2. Per l’analisi psicologica dei personaggi. Non è certo un film d’azione: la storia si svolge al 90% in una sgangherata villa sul Caspio, ma le dinamiche che si sviluppano fra i personaggi catturano lo spettatore. La tragedia cancella di colpo quell’atmosfera da film americano e riporta a galla la psicologia più profonda dei personaggi: le conflittualità marito-moglie e le dinamiche di “potere” nella coppia, il coraggio e la vigliaccheria, i rigidi confini della morale imposta dal regime in cui tutti sono imbrigliati, anche se le apparenze sembrano dimostrare il contrario… E quindi le paranoie con le quali ciascuno deve fare i conti.
La frase: “meglio una fine amara che un amarezza senza fine” – pronunciata da Ahmad, commentando con Elly le motivazioni del proprio divorzio.