INVIDIA di Nahid Sirri Örik
“Invidia” è un romanzo dello scrittore turco Nahid Sirri Örik (1895-1960), pubblicato a puntate su un quotidiano nel 1937. Ho appena finito di leggerlo e mi ha stregata. Superato un inizio un po’ lento, si è risucchiati in una storia torbida, dove l’autore con il puntiglio di un entomologo sviscera i sentimenti dei personaggi, rivelandosi un attento conoscitore dell’animo umano sia maschile, sia femminile. Il libro, pubblicato da Crocetti Editore (euro 18), è stato tradotto dal turco da Nicola Verderame.
Il personaggio centrale è Seniha, all’inizio della storia una giovane donna non più in età da marito (che nella Turchia d’inizio secolo finiva molto in fretta) e per lo più brutta. Così brutta da essere percepita come un peso anche dai genitori, che a lei preferiscono il fratello maggiore Halit, biondo e con gli occhi blu, spedito all’estero a studiare per diventare ingegnere e con un futuro radioso davanti a sé. Con un’evidente ingiustizia, Seniha non ha neppure la possibilità di studiare e quindi di mantenersi in futuro. È destinata a campare della carità del fratello maggiore e di un piccolo reddito familiare, che non le garantisce alcuna autonomia.
Dopo una giovinezza di bagordi, Halit ormai ultraquarantenne, che non nutre alcun affetto per la sorella, decide di sposarsi. La prescelta è Mükerrem, una bella ragazza di famiglia decaduta, costretta a considerarlo un buon partito, malgrado abbia vent’anni più di lei. Si apre così un’era di convivenza pacifica fra le due cognate sotto lo stesso tetto. Ma dentro l’animo di Seniha arde un fuoco e un irriducibile desiderio di vendetta. Nahid Sirri Örik è così abile da farci immaginare, di primo acchito, una rivalità fra le due donne, la bella e la brutta. Ma sarebbe troppo banale: l’oggetto dell’odio di Seniha è Halit, il fratello privilegiato ed egoista. Come in un giallo, dove però i colpi di scena sono legati ai sentimenti dei personaggi e ai mutamenti dei loro stati d’animo, lo scrittore turco ci conduce verso un abisso che porta a un omicidio. Ci sono tutti gli ingredienti del dramma: la passione, il sesso, l’amore non corrisposto, la rabbia. E l’epilogo è tutt’altro che scontato.
Con un’aria da dandy inglese più che da turco, lo scrittore – dichiaratamente omosessuale – dimostra di saper leggere il cuore delle donne. E di giocare con la stessa maestria con i sentimenti maschili. Non esce così bene da questa storia, il “sesso forte”: i maschi sono troppo presi da se stessi e dal loro divertimento, sono narcisisti e incapaci di empatia. In un mondo sessista in cui è ancora il maschio a prevalere e a dettare legge, le donne sono tutt’altro che passive. Lottano con le unghie con i denti per ritagliarsi uno spazio, nei limiti che la società concede loro. La bruttina Seniha, malgrado i sentimenti tossici che la animano e la sua durezza, finisce per suscitare la simpatia del lettore, che coglie la sua tragedia.
Tutti si muovono sullo sfondo di una società che sta cambiando. Il mondo ottomano è tramontato da poco, con l’ascesa al potere di Kemal e la repubblica, ma è ancora presente nei rapporti di potere, mentre una borghesia nuova cerca di emergere, emulando modelli occidentali. È interessante cogliere nel romanzo anche i cambiamenti sociali in corso che l’autore non manca di intercettare. “Invidia” è la testimonianza di un’epoca, la voce di una Turchia che non c’è più ma che per certi aspetti e in certi luoghi sopravvive.