I senza memoria nel libro di GERALDINE SCHWARZ

Quando è uscito questo libro, Les Amnésiques (in italiano, I senza memoria) tre anni fa, mi ero detta che era l’ennesimo titolo sul nazismo (ce ne sono migliaia, sull’argomento), stavolta scritto da un’autrice che rievoca la storia di una famiglia tedesca. Non mi sbagliavo. Ma ora che sono reduce dalla lettura del volume in lingua originale (è uscito dapprima da Flammarion in francese, e poi è stato tradotto in altre lingue, tedesco incluso), mi sono accorta che questo libro è molto, molto di più.

L’autrice Géraldine Schwarz, classe 1974, è una fantastica giornalista e un’ottima divulgatrice storica. Figlia di madre francese e padre tedesco, incarna due identità europee che da secoli si fronteggiano e si sono combattute anche nel secondo conflitto mondiale. Un’eredità difficile, la sua. Proprio grazie al suo vissuto familiare, ha deciso di raccontare la storia del nonno Karl Schwarz e di sua nonna Lydia, una coppia borghese che durante il nazismo aveva una piccola impresa nel settore petrolifero, la quale aveva permesso alla famiglia di vivere un’esistenza agiata. Cosa si nascondeva dietro a quel benessere? La nipote ce lo racconta contestualizzandolo negli eventi tedeschi del periodo: l’ascesa del nazismo, l’accondiscendenza anche da parte di chi nazista non era, come suo nonno, a quanto stava accadendo, semplicemente perché c’era da guadagnarci.

La foto che vedete qui sopra mi ha colpita da quando l’ho scovata sul web. È il giorno dopo la Notte dei Cristalli, in una città della Germania. Non ci interessa più di tanto dove. C’è chi si ferma a guardare con curiosità la devastazione di un negozio ebreo. Ma la coppia sulla sinistra procede sorridendo e chiacchierando, del tutto indifferente. Sembrano dirci “ecchisenefrega” di quanto è successo, noi andiamo avanti per la nostra strada. Sono loro i Mitlaeufer di cui parla Schwarz, la gente “che si lascia trascinare dalla corrente”. Il giorno in cui il proprietario ebreo del negozio e la sua famiglia sono stati costretti a salire su un treno per essere deportati, questo tipo di persone è andato avanti con sua routine e con la stessa indifferenza per qualcosa che non li riguardava. Ecco, è proprio grazie a questa gente che Hitler e i nazisti sono riusciti a perpetrare i loro crimini. Non sono loro che hanno gestito i campi di concentramento, ma il loro atteggiamento ha permesso che nascessero.

Tanta di questa gente, dopo la guerra, ha rimosso quanto è accaduto, l’ha cancellato dalla memoria. Oppure ha addossato tutta la colpa ai vertici dello Stato nazista: in fondo, erano loro a decidere. In ogni caso, avevano tutto l’interesse a dimenticare. Tanti di loro hanno fatto fortuna proprio appropriandosi per pochi marchi dei beni degli ebrei durante il nazismo. Il fatto di averli pagati, anche una somma ridicolmente bassa, ha messo a tacere la loro coscienza. Incredibile.

Fin qui, il libro di Géraldine Schwarz potrebbe sembrare un testo sul nazismo, condito di storie familiari. L’autrice va molto oltre: racconta anche la storia della sua famiglia francese, e ricostruisce la memoria corta della Francia. Queste amnesie saranno per decenni in buona compagnia: un vero lavoro sulla memoria non è stato fatto a lungo in molti Paesi – Italia, Austria, Ddr – nel dopoguerra. E questo vuoto di memoria, come Schwarz ricostruisce, avrà delle conseguenze nefaste. La sua ricerca arriva infatti fino ai giorni nostri, all’emergere dei populismi e di una destra nostalgica ed estremista che è germogliata proprio dal nazismo e dal fascismo d’anteguerra, i cui crimini (e relativi colpevoli) non sono stati stigmatizzati abbastanza.

Non mi stupisce che questo libro abbia vinto un riconoscimento europeo nel 2018: meritatissimo. Leggerlo mi ha condotta in un appassionante viaggio nella storia europea del Novecento, e mi ha consentito di scoprire aspetti che ignoravo. Per esempio, la gestione ideologica dei crimini nazisti nella Ddr nel dopoguerra. Grazie, Géraldine Schwarz: un testo eccellente che abbina autobiografia, giornalismo di qualità e ricerca storica.

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