Il coraggio di JANE HAWKING in un libro e un film
Un taglio di capelli molto anni Sessanta, uno sguardo innamorato rivolto al fidanzato che invece guarda in macchina. Lui non è certo bello, con il suo dolcevita grigio e quegli occhiali da nerd su un un viso tanto lungo e affilato. L’amore, si sa, è cieco.
Lei è Jane Wilde, ex signora Hawking risposata Jones, che è oggi una bella settantenne, docente ed esperta di letteratura spagnola. Lui è il grande cosmologo Stephen Hawking, oggi 72enne e costretto da anni da una terribile malattia sulla sedia a rotelle, che gli ha portato via il dominio del suo corpo ma non la sua mente brillante e il suo humour graffiante.
Ed eccoli ora in versione cinematografica, nel film La teoria del tutto, uscito nelle sale italiane proprio ieri. Stephen è interpretato da Eddie Redmayne, che è in odore di Oscar per la questa sua eccezionale performance; Jane è Felicity Jones. Il film racconta 25 anni di vita insieme ed è tratto dall’autobiografia di Jane Hawking, intitolata Verso l’infinito e pubblicata in Italia da Piemme (collana Voci, 19,50 euro). Il film è interessante, ma come quasi sempre succede non riesce a racchiudere tutte le sfaccettature e le complessità dell’animo umano che si possono trasmettere scrivendo.
Vale dunque la pena leggerlo. La prima cosa che colpisce è scoprire che quando Jane si innamora di Stephen ha già sentito vociferare dalle sue amiche della sua malattia. Ma quando lo incontra di persona, si lascia sedurre dal suo fascino piuttosto singolare. Come corteggiatore, Stephen non vale granché – è imbranato e gentile – ma ha già una laurea in tasca, ha una mente brillante e proviene da una famiglia colta e nota, che Jane conosce.
La ragazza abbandona il suo sogno di una carriera diplomatica per restare al fianco di Stephen, che gradualmente peggiora ed è sempre più instabile sulle sue gambe. Con l’istinto della crocerossina – molto femminile – Jane convola a nozze e mette al mondo tre figli, diventando il sostegno di Stephen, sempre più difficile da gestire nella vita privata a causa della sua malattia. Non c’è niente da fare: si sceglie il proprio destino. Come sua madre – la quale aveva accettato di sposare suo padre all’inizio della guerra, per poterlo curare se fosse tornato ferito – Jane accetta il guanto di sfida che Cupido le lancia.
C’è da domandarsi se a 21 anni una ragazza sia in grado di comprendere davvero le conseguenze di una simile decisione. Una malattia neurodegenerativa rara come quella di Hawking non è uno scherzo, e restargli al fianco crescendo tre bambini è un’impresa titanica. Jane ci riesce, fra mille difficoltà, ma è Wonderwoman. C’è un momento in cui lei crolla, e la malattia del marito finisce per avere la meglio sull’amore. Jane trova l’appoggio di Jonathan, un giovane musicista vedovo che si innamora di lei, mantenendo un bizzarro equilibrio familiare, che più tardi Stephen spezzerà definitivamente innamorandosi di un’infermiera…
La storia è da leggere, anche per capire che i sacrifici eroici sono tali sono nella fantasia, ma nella realtà quotidiana si scontrano con i sentimenti e le fragilità degli esseri umani.
Hawking mi è sembrato parecchio egoista nel film quando non vuole accettare aiuti, nonostante le richieste del padre e della moglie. Che ne pensate? E quando Hawking ha lasciato Jane non è stato egoista e irriconoscente?
Ho letto in parte anche il libro, che conferma un certo egoismo, come dici, da parte di Hawking. Jane lo giustifica parzialmente con le difficoltà legate all’avanzare della sua malattia.