Il MALE dietro l’angolo

Lo so che non è un argomento estivo. Concedetemelo, però: il male è un evergreen. Non va mai in vacanza, è una componente della nostra umanità che vorremmo dimenticare, ma come un’ombra, si annida, da qualche parte, nel profondo del nostro essere. Compiere il male non è solo una prerogativa di spietati serial killer e di nature intrinsecamente malvage. La Storia ci dimostra che chiunque può esserne capace. Basta “spegnere” il cervello, basta smettere di esercitare la nostra facoltà di giudizio, basta adagiarsi nella comoda e assolutoria posizione di gregario.

La plurivocità del male, edito da Aracne e curato da Aldo Meccariello, raccoglie gli interventi di vari studiosi, in un seminario tenutosi a Napoli nel 2008 e organizzato dalla rivista filosofica e culturale online Kainos (www.kainos-portale.com). Come spiegano gli autori, l’obiettivo non è di proporre una riflessione metafisica o morale sul tema del male, ma piuttosto dare conto dei molteplici luoghi in cui tende a manifestarsi. A partire dalle riflessioni di vari filosofi, i saggi presentati fanno il punto sul male nel Novecento, il secolo che l’ha visto manifestarsi nella sua forma più estrema: il genocidio.

Da profana, fatico ad addentrarmi nei meandri della filosofia. Ma ho trovato spunti interessantissimi nel testo Il detective e la singolarità del crimine. Note su Kracauer, di Vincenzo Cuomo, che si sofferma sul saggio dedicato da Kracauer nel 1925 al romanzo poliziesco. Giornalista, sociologo e critico cinematografico, Siegfried Kracauer in questo libro dedica ampio spazio alla figura dell’investigatore, come evidenzia Cuomo. Con lui, il detective smette di essere il piccolo genio che risolve enigmi, alla Sherlock Holmes, ma diventa – come dice l’autore – una persona “capace di massima vicinanza al crimine senza essere criminale e capace di interpretare nelle deformazioni della realtà estraniata le tracce dell’autentica esistenza”.

Il curatore del libro, Aldo Meccariello, docente di Filosofia, è un profondo conoscitore del pensiero di Hannah Arendt, al quale ha dedicato la sua tesi di dottorato. Interessante il suo saggio I luoghi del male. Note su Hannah Arendt, in cui rievoca la genesi della celebre definizione  di “banalità del male” e il suo significato, facendo una veloce carrellata sulle principali opere della filosofa, per seguirne l’evoluzione del pensiero. “Si può resistere al male?”, si chiede Meccariello. Secondo la Arendt, è possibile: basta “esercitare la facoltà del giudizio in un’epoca di catastrofe morale (…). Un’etica della responsabilità che muti il male in un fardello di cui l’umanità è chiamata a farsi carico”.

Un’utopia? Forse. Anche dopo la Shoah, il XX secolo è stato segnato da altri efferati genocidi. Riflettere, vigilare, avere il coraggio di alzare la propria voce controcorrente: è una sfida più che mai attuale.

Il libro: La plurivocità del male, a cura di Aldo Meccariello, Aracne, 2009, € 10.

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