IL SENSO DELL’AMORE: Alix Kates Shulman racconta come la vita cambia d’improvviso
Due anni fa, Einaudi nella collana Stile Libero ha pubblicato un memoir della scrittrice e femminista americana Alix Kates Shulman, intitolato Il senso dell’amore. Confesso la mia ignoranza: la Shulman è del 1932, non ho ricordi diretti per motivi anagrafici del suo impegno socio-politico e non mi è capitato di leggere, successivamente, qualche suo scritto.
Mi sono fatta catturare da questo libro dalla quarta di copertina, che preannuncia un racconto drammatico: una coppia di settantenni felici e contenti, un banale incidente – lui batte la testa cadendo, nella casa di vacanza -, una lesione cerebrale che trasforma il brillante Scott York, marito di Alice, in un essere smemorato e bisognoso di assistenza continua.
Di memoir sulla terza età e dintorni ne ho letti vari. Un grande tema è quello della perdita del compagno di una vita, tema sul quale L’anno del pensiero magico di Joan Didion resta un capolavoro. Ma il libro di Shulman riesce a essere ancora più sconvolgente, nella pacatezza del suo racconto. Alix e Scott erano stati fidanzatini da ragazzi, si erano persi di vita, ciascuno aveva avuto vite, figli e matrimoni falliti, dai quali voltare pagina. Magicamente, intorno alla fatidica mezza età, Alix e Scott si ritrovano e si innamorano di nuovo. Questo amore più maturo si rivela l’Amore con la a maiuscola. Ciascuno trova nell’altro il suo complemento, la persona dalla quale non ci si vorrebbe separare mai.
Poi, dopo vent’anni insieme, l’incidente. Uno stupido incidente, che danneggia il cervello di Scott. Alix ci mette anima e corpo a curare il marito. Rinuncia a se stessa e ai suoi impegni per tramutarsi in una specie di amorevole crocerossina, votata alla guarigione del compagno. Scoprirà strada facendo che tornare indietro è impossibile. La lesione gli ha fatto perdere la memoria, non definitivamente, ma a sufficienza per tramutarlo in un’altra persona. Il corpo, l’involucro, continua a proporre innanzi agli occhi di Alix lo stesso uomo di cui era innamorata. Ma come nella demenza senile o nell’Alzheimer, lui non c’è più. E lei dovrà dolorosamente prenderne atto e iniziare un processo di distacco emotivo per recuperare qualche spazio di vita personale.
Il recupero graduale di Scott funziona sul piano fisico, ma la mente resta confusa. Come racconta Shulman in un mirabile passaggio. Lui le chiede:
“Sei mia madre o mia moglie?” Sono allibita. Sua madre è morta da trent’anni. (…)
“Tua moglie, tesoro. Sono tua moglie”. Eppure, la sua perplessità un senso ce l’ha. Il mio prendermi cura di lui non è così diverso dal rapporto fra una madre e un figlio piccolo – io sovraintendo ai suoi pasti e al suo impiego del tempo, alle sue medicine e all’igiene, ricordandogli di spazzolarsi i denti, di passarsi il filo interdentale, di lavarsi, di fare pipì, di asciugarsi. (…) Controllo i suoi averi, gli lavo i vestiti, lo aiuto a vestirsi e a spogliarsi, lo guido nel traffico, rispondo alle sue domande, interpreto il mondo. (…) Come una madre, mi preoccupo per lui, lo disciplino, gestisco gli imprevisti al suo posto, lo tiro fuori dai guai, lo proteggo, lo difendo, lo consolo, lo amo.
Poche righe per sintetizzare il doloroso compito di farsi carico. Ancor più doloroso perché l’altro non è un genitore o un anziano parente, ma il tuo compagno. È il lutto dell’assenza nella presenza. Alix Kates Shulman si analizza e ci racconta il faticoso processo della presa di coscienza dell’irreversibilità di questa situazione. Da leggere, assolutamente.