Ma che Italia è questa? Note a margine di tre film

D’accordo che abbiamo altri  guai… Ma qualcuno, a Hollywood e dintorni, si è accorto che l’Italia non è più quella della Dolce Vita e degli anni Sessanta? Sono reduce dalla recente visione, di tre film: “Letters to Juliet” di Gary Winick (appena uscito dalle sale), “The American” di Anton Corbijn (ancora in sala) e “Mangia prega ama” di Ryan Murphy (uscito oggi). Due commedie e un thriller, molto diversi fra loro. Con un punto in comune: tutti e tre hanno scelto, per una parte o la totalità del film, un’ambientazione italiana.

E’ bello che le major tornino a girare nel nostro Paese. Un film è pubblicità, promozione turistica, effetto glam. Ma tutti e tre i film peccano di una visione datata e stereotipata dell’Italia e degli italiani. Volevo sprofondare nella poltroncina del cinema quando l’amica svedese di Julia Roberts, in “Mangia prega ama”, girando a piedi per Roma si becca la pacca sul sedere che ormai neanche al Cairo nessuno si sognerebbe più di dare! E non volevo crederci quando in uno degli ameni paeselli abruzzesi, in cui è ambientato “The American”, avvengono omicidi e sparatorie nei vicoli e nessuno se ne accorge, come se ci si trovasse in un borgo fantasma del Far West! Ho poi sorriso per la scarsa conoscenza della geografia, quando in “Letters to Juliet” ci si sposta da Verona alla Toscana come se fossero a pochi chilometri uno dall’altro, in un’Italia dove le donne pensano solo a cucinare e a innamorarsi!

Poveri noi. Ma qualcuno di questi signori si è preoccupato di vedere se questo Paese e la gente corrispondessero ai suoi cliché di amore – spaghetti, pizza & vino – e paesini in stile “Cinico TV”, da terzo mondo? Probabilmente questa è ancora l’Italia che tanti, all’estero, amano pensare e sognare. Speriamo che qualcuno li avvisi che non siamo più quel Paese uscito dalla guerra, bucolico e di belle speranze, ma una realtà antica e complessa, con uomini e donne con le stesse e anche peggiori paranoie dei newyorkesi di Woody Allen. E nei  paesini tipo quello scelto da “The American” le prostitute non stanno più nelle case chiuse dal 1959: tutt’al più il nostro Clooney potrebbe rimediare, per strada, qualche povera nigeriana o albanese.  Caro George, tu che bazzichi spesso dalle nostre parti, magari la prossima volta diglielo.

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