Yaeko, Megumi e gli altri: cittadini giapponesi rapiti dai NORDCOREANI
Leggo sul Japan Times (www.japantimes.co.jp/) di oggi che ieri il ministro giapponese Hiroshi Nakai, che è a capo della Commissione Nazionale per la Sicurezza Pubblica, in un incontro ha divulgato la notizia che 6-7 anni fa Yaeko Taguchi (nella foto, a sinistra) era stata vista a Pyongyang e stava bene. La donna, secondo le autorità del regime nordcoreano, risultava morta nel 1986.
“Che razza di notizia è?”, direte voi. Beh, è una reazione legittima, se non siete al corrente della complicatissima vicenda dei rapimenti di cittadini giapponesi da parte di agenti nordcoreani. Quando mi ci sono imbattuta per la prima volta, non volevo crederci. E’ uno di quei casi in cui la realtà supera la fantasia di qualsiasi maestro di spy-stories e di intrighi internazionali. Di solito, si rapiscono e si scambiano le spie. Come è avvenuto con i recenti casi delle spie russe rimpatriate dagli Stati Uniti. O si cercano di rapire degli scienziati, dei militari, insomma dei personaggi che abbiano uno specifico rilievo in qualche complotto… Adesso che la Guerra Fredda non c’è più, queste storie sono un ricordo del passato. Se volete rivivere lo charme delle guerre di spie, consolatevi con il dvd di “Caccia a ottobre rosso”.
Ma c’è sempre Pyongyang pronta a sorprenderci. Dal 1977, nell’arco di circa un decennio ha rapito 16 cittadini giapponesi, spariti misteriosamente mentre assolvevano alle loro incombenze quotidiane. Madri di famiglia, adolescenti in giro con il boyfriend, coppie di fidanzati… Kyoko Matsumoto, per esempio, è stata rapita mentre si stava recando alla lezione di maglia (!) poco lontano da casa… Che i nordcoreani avessero bisogno di implementare la produzione di maglioni?!
Al di là del fatto in sé, contrario a qualsiasi elementare rispetto dei diritti umani, è incomprensibile la motivazione di questi rapimenti e la scelta dei soggetti. Il caso che da sempre mi ha colpito di più è quello di Megumi Yokota, rapita nel 1977, all’età di 13 anni a Niigata. Era andata in palestra, e si stava incamminando verso casa. Dove non è mai arrivata. Alla sua storia è dedicato un docu-film, Abduction (2006), prodotto dalla regista Jane Campion.
Una delle motivazioni folli che mi è capitato di leggere è che Megumi avrebbe dovuto insegnare alle spie nordcoreane a conportarsi da giapponesi. Chi? Una ragazzina di 13 anni? Ma chi è il genio dello spionaggio che ha partorito questo piano? Pare che la ragazzina successivamente morta, nel 1993 o nel 1994. Ma il giallo sulla sua sorte è ancora aperto. I resti che le autorità nordcoreane hanno consegnato ai giapponesi all’esame del Dna non risultano quelli di Megumi.
Vi sembra tutto una bufala? No, purtroppo non lo è. Cinque giapponesi hanno avuto la fortuna di tornare indietro e testimoniare. Speriamo che anche Yaeko Taguchi e gli altri, prima o poi, possano farlo.