ARRIETTY: tutta la poesia di Hayao Miyazaki
È in sala da venerdì scorso Arrietty (titolo originale: Karigurashi no Arrietty), il film d’animazione di Yonebayashi Hiromasa, sceneggiato dal grande Miyazaki Hayao e prodotto dallo Studio Ghibli.
Ispirato a un racconto di Mary Norton (“Sotto il pavimento. La prima avventura degli sgraffignoli”, edito in Italia da Salani), Arrietty sposta la location dall’Inghilterra a Tokyo. L’adolescente Sho, malato di cuore, trascorre l’estate nella villa della nonna. E scopre che in questa casa un po’ fatata vivono degli esseri minuscoli, alti una decina di centimetri.
Si potrebbero definire degli gnomi, ma solo per le dimensioni. Non hanno l’aria laida e quel pizzico di cattiveria che la tradizione attribuisce loro. Sono, piuttosto, degli esseri umani in miniatura che ricordano i lillipuziani di swiftiana memoria.
La famigliola, che ha una casetta in miniatura sotto i pavimenti della villa, è composta dai genitori e da una ragazzina, Arrietty, coetanea di Sho, graziosa e solare. Gli sgraffignoli se la cavano rubacchiando qualche zolletta di zucchero nella dispensa della cucina, o ricavando attrezzi e oggetti dai materiali che trovano in casa. Sono dei piccoli ladri, ma i loro furti sono talmente minimi che quasi nessuno – tranne la perfida anziana domestica – se ne accorge.
Sho e Arrietty infrangono un tabù: diventano amici. E non dovrebbe succedere, perché gli sgraffignoli rischiano la vita se vengono scoperti dagli umani.
Al di là del cambio di ambientazione, c’è tutta la poesia di Miyazaki in un questo film. Il personaggio di Arrietty – fiduciosa, ottimista, positiva – ricorda tutte le ragazzine uscite dalla mano del disegnatore giapponese, da Heidi in poi. Gli sgraffignoli non sono dispettosi, come si potrebbe immaginare: ricordano i poveri del nuovo millennio e gli ecologisti più estremi, che cercano di vivere con ciò che gli altri buttano. E si butta tanto, troppo, nel mondo occidentale.
E c’è il grande tema della diversità. Si può essere amici quando si è così differenti? La risposta sembra essere un sì. Ma al di là del buonismo miyazakiano, è un messaggio difficile da far passare in un Paese come il Giappone, dove l’omogeneità etnica è ancora considerata un valore centrale della società nipponica. Miyazaki Hayao l’aveva già proposto in Ponyo, con la bambina-pesce. Ora torna sull’argomento con la ragazzina in miniatura.
L’essenziale, sembra dirci Arrietty, è superare il naturale ribrezzo e la paura dell’alterità e parlarsi. Sho e Arrietty finiscono per specchiarsi l’uno nell’altro.
Un messaggio che non è rivolto solamente ai bambini che guarderanno questo film al cinema, ma anche agli adulti che li accompagneranno. E che a volte sono più pericolosamente razzisti dei bambini. Speriamo che la poesia di Miyazaki tocchi anche i loro cuori.