IL PALAZZO DELLE LACRIME di Şebnem Ișigüzel

“Quando ero rimasta incinta non era stato né per né contro la mia volontà, non riuscivo neppure a immaginare di restare incinta. Forse ero stata solo vittima della mia curiosità. Proprio come un maschio, avevo avuto curiosità, avevo voluto essere libera.Mi aveva incuriosito il piacere. Avevo dimenticato che questo mondo è stato creato per i maschi”.

È la voce narrante e protagonista di questo straordinario libro, “Il palazzo delle lacrime” (Crocetti Editore, 20 euro, traduzione dal turco di Nicola Verderame) a pronunciare queste parole. Si chiama Vuslat, è una ragazza di 17 anni, è la figlia più giovane di un notabile di Istanbul. Sua moglie, un’ex schiava diventata una signora di classe che ama sentirsi alafranga, come le gentildonne francesi, con le tre figlie va in villeggiatura sull’isola di Büyükada, nell’arcipelago delle Isole dei Principi, dove sta facendo realizzare una casa di vacanze, che lei definisce con orgoglio “un palazzo”.

Foto di Wendy v, da Tripadvisor

Il luogo è oggi una meta turistica di grande fascino. Ma il romanzo di Şebnem Ișigüzel è ambientato nel 1876. Allora era un’isola di pescatori con qualche albergo per viaggiatori stranieri e qualche locale parte delle élite. Vuslat insieme alla madre e alle sorelle Fatma e Hicran, è un’habituée di questo luogo. Ricordi di allegria e di spensieratezza insieme alle tre persone che più ama al mondo sono legate proprio a quest’isola.

Ma ora che porta in grembo il figlio del peccato, di cui non vuole rivelare il padre, il palazzo delle lacrime diventa un luogo d’esilio, dove la ragazza è confinata insieme alla schiava Bedriye per mettere al mondo un bastardo lontano da occhi indiscreti… Ma Vuslat è una ragazza di carattere, tenace, sognatrice. E sull’isola incontra Mehmet, un perseguitato politico che finge di essere un pescatore per non dare nell’occhio. Fra di loro scatta la scintilla dell’amore, quello vero, un’autentica chimera in una società maschilista, misogina e repressiva come quella ottomana.

Con questa premessa, vi aspettate un happy end? No, non ci può essere un lieto fine in un mondo così crudele con le sue donne.

Şebnem İşigüzel © Wikipedia

Questo è un romanzo di denuncia della condizione femminile. Che l’ambientazione sia l’Impero ottomano o la Turchia attuale, il cambiamento non è poi così radicale. Certo, la schiavitù non esiste più: non ci sono più delle Bedriye maltrattate dalla loro padrona (i passaggi della narrazione sono agghiaccianti), che appena possono si vendicano. Ma le violenze anche in ambito familiare non sono sparite (leggetevi in proposito “Delitti d’onore” di Ayse Onal, Einaudi, 2014).

Da lettrice e donna, ciò che fa più male è constatare quanto l’impianto di una società che discrimina le donne poggi sulle donne stesse. Sono loro la longa manus del patriarcato, sono capaci di diventare le più crudeli nemiche delle altre donne che sbagliano. La prima sassaiola per lapidare Vuslat è a opera delle sue vicine di casa. Le prime a criticarla definendola una poco di buono sono proprio altre donne. Quelle che lei amava di più: le sorelle e la madre, che vedono nell’errore di lei il disonore che ricade su tutte loro, la fine dei loro privilegi e della loro rispettabilità. Così ostracizzano, cacciano, esiliano Vuslat. Non c’è nessuna pietà. E non ci sono colpe, naturalmente, per l’uomo che si è approfittato di lei.

Da lettrice, mi ha emozionato il passaggio in cui Vuslat svela il colpevole e le circostanze. Ho atteso invano che la famiglia lo scoprisse e che scendesse in campo in difesa della ragazza, ma niente. Persino la schiava Bedriye si ritiene in diritto di maltrattare la ex padroncina caduta in disgrazia. E mi domando: dove sono i sentimenti – l’affetto, l’amore materno, i legami fra sorelle – nel mondo turco e islamico? Non esistono, sono anestetizzati in nome delle regole della società patriarcale, che prevalgono su tutto.

È un libro che fa riflettere, “Il palazzo delle lacrime”. È denso di perle di saggezza sull’amore, sulla felicità, sul ricordo, sulla morte. Anche sul sapere. “L’educazione le rende libere, queste qua!”, esclama il padre delle tre ragazze. “Chi è libero prende cattive strade. Arriva a pretendere l’impossibile”. Cioè la libertà. “Tutte le donne sono condannate a finire nella fossa assieme ai loro sogni. Sono i maschi a poter essere tutto ciò che vogliono”, dice Vuslat. Più chiaro di così… Per la cronaca, non questo, ma un altro dei romanzi di Şebnem Ișigüzel è stato censurato dalle autorità turche. Non nel XIX secolo, ma adesso.

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