L’ELIMINAZIONE di Rithy Panh: una testimonianza sul genocidio cambogiano

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Una donna con una neonato in braccio. Uno sguardo che trasmette la rassegnazione all’ineluttabile: dalla prigione S 21, a Phnom Penh, durante il quadriennio 1975-1979 del potere dei Khmer rossi, non si usciva vivi. Davanti all’obiettivo del fotografo, ci sono solo morti in piedi: il loro destino è segnato, sono i nemici del regime. Bisogna estorcere loro una confessione e ucciderli.

La copertina del nuovo libro intitolato L’eliminazione del regista Rithy Panh, che ha vinto a Cannes nel 2013 il premio della sezione Un certain regard con The Missing Picture, è quasi più agghiacciante dei precedenti. Perché? Semplice: ha anche, per la prima volta, un contenuto autobiografico. È la sua storia, che si intreccia con quella di uno dei maggiori criminali del genocidio cambogiano, Kaing Guek Eav, più noto come Duch, il comandante della prigione di tortura e di sterminio S 21. Pahn lo racconta per immagini in Duch, le maitre des forges de l’enfer.

La parola scritta è quasi più forte dell’immagine. Un esempio dal testo: «Durante le nostre interviste Duch ride spesso. Ride del suo riso. Per nascondere la sua rabbia o la sua irritazione. Per condividere. Perché io sia più comprensivo. Ride per farmi complice. Perché io divenga, a mia volta, un persecutore. E smetta di osservarlo».

Ma Rithy Panh non può farlo, no. Perché è un sopravvissuto, perché il suo bisogno di verità nasce dall’esigenza di rendere giustizia a chi non c’è più. Ossia un quarto della popolazione cambogiana, fra cui rientrano – come si scopre leggendo il libro – la madre e il padre di Panh, alcune sorelle, i nipotini.

Rithy Panh
Rithy Panh

In questo libro, fra le osservazioni personali legate all’incontro con Duch, Rithy Panh ci racconta cosa vuol dire ritrovarsi, a 12 anni, sotto il regime dei Khmer rossi. Cosa significa dover abbandonare la propria casa a Phnom Penh e vivere senza istruzione, senza cibo, senza famiglia, intento a scavare buche e fossi per seppellire i morti. Cosa vuol dire soggiogare attraverso lo strumento della carestia e distruggere così ogni velleità di ribellione. Fino al 1979, quando si è miracolosamente salvato varcando il confine con la Thailandia, il ragazzino Rithy ha vissuto tutto questo sulla propria pelle.

Non è una lettura della buonanotte, questo libro di Rithy Panh. Ti trasmette un’ansia tremenda. Ma è giusto leggerlo per non dimenticare. Perché non ci sia un’altra Cambogia.

Info: Rithy Panh con Christophe Bataille – L’eliminazione, 197 pp., Feltrinelli, 16 euro

One Reply to “L’ELIMINAZIONE di Rithy Panh: una testimonianza sul genocidio cambogiano”

  1. Ho recensito anche io questo testo, che resta forte nella mente. Un contributo , il tuo , che ho letto davvero con pi
    acere. T.

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